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| 22 aprile 2017, 16:18

Il Telelavoro....cosa dobbiamo sapere

Questa particolare tipologia contrattuale non può contare su delle solide regolamentazioni nell’ordinamento italiano

Il Telelavoro....cosa dobbiamo sapere

Proseguiamo nella consueta indagine sui diversi tipi di contratto di lavoro realizzabili nel contesto normativo italiano parlando di una forma di rapporto decisamente particolare e per alcuni versi insolita: il telelavoro.
Questa particolare tipologia contrattuale non può contare su delle solide regolamentazioni nell’ordinamento italiano, e si rifà per lo più alle determinazioni della contrattazione collettiva nonché ad un accordo interconfederale del 9 giugno 2004 e, solamente per la Pubblica Amministrazione, alla l. n. 191/1998.

In linea generale, emerge la natura del telelavoro come una forma di organizzazione e/o svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione (…) in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa. Si tratta sostanzialmente dello sfruttamento delle nuove tecnologie per consentire al lavoratore di eseguire i propri compiti anche a distanza, e cioè potendosi trovare in un luogo diverso da quello dell’azienda.  Questo però non vuol dire che il telelavoratore abbia un rapporto di lavoro diverso da quello propriamente inteso come subordinato. Quella che cambia, infatti, è semplicemente la modalità attraverso la quale vengono eseguiti i propri compiti (inoltre, la selezione di questa particolare forma di lavoro resta affidata alla libera e volontaria scelta di entrambe le parti). Pertanto, al telelavoratore spettano, in linea generale, gli stessi diritti riconosciuti a qualsiasi altro lavoratore dipendente “normale” assunto presso la medesima impresa, ed anzi, debbono realizzarsi misure dedicate alla prevenzione dell’isolamento dello stesso telelavoratore (si pensi alla garanzia del mantenimento di un rapporto “reale” con l’impresa e coi colleghi).

Tra le potenziali e diverse forme di svolgimento del telelavoro la principale è sicuramente quella interattiva o online , che prevede un collegamento bidirezionale tra l’impresa centrale ed i terminali periferici utilizzati dai lavoratori telematici. Allo stesso tempo, in virtù di questa connessione, il datore di lavoro può essere in grado di verificare la prestazione lavorativa e di impartire le proprie direttive al telelavoratore in modo quasi analogo a quanto avverrebbe in un rapporto “tradizionale”.

In concreto poi, il telelavoratore, beneficiando della continua assistenza e supporto tecnico del datore di lavoro, può (ad esempio):

·         lavorare da casa (disponendo presso la sua dimora di allestimenti tecnologici normalmente forniti dal datore di lavoro);

·         essere un lavoratore mobile (adoperando strumenti tecnologici che gli consentono di svincolarsi da qualsiasi luogo fisso);

·         essere un lavoratore remotizzato (disponendo di un ufficio attrezzato, ma periferico rispetto alla sede centrale).

Tuttavia, visto che il telelavoratore può gestire con maggiore autonomia il proprio tempo di lavoro (ad esempio perché lavora da casa sua), si è ritenuto opportuno non assoggettarlo alle regole generali previste dalle norme in materia di orario di lavoro, ad esempio con riferimento alla misura dell’orario normale di lavoro, alle limitazioni sul lavoro straordinario, alle regole sulla durata massima della giornata lavorativa, delle pause, del riposo giornaliero, ecc.

Non sono poi da trascurare le implicazioni del telelavoro sul versante della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dovendosi garantire – allo stesso modo di quanto già si fa nell’impresa – delle condizioni di lavoro conformi alla legge. Tra i rischi principali da valutare e prevenire ci sono quelli collegati all’utilizzo di video-terminali, alle condizioni ergonomiche della postazione, alla condizione di eventuale isolamento della persona ecc.

In conclusione, non sfugge come la frontiera del telelavoro possa aprire anche dei nuovi scenari produttivi, soprattutto quando si pensa alle esternalizzazioni all’estero di alcune delle funzioni tipiche gestite dalle grandi aziende (la classica assistenza clienti telefonica spostata in Polonia piuttosto che Albania: c.d. telelavoro offshore).

Tuttavia, pur comprendendo i ben noti e concreti rischi della perdita di posti di lavoro nel nostro Paese, il telelavoro può anche prestarsi al soddisfacimento di importanti questioni sociali.
Si pensi alla grande opportunità per soggetti portatori di handicap (ma anche verso quanti rivolgano loro assistenza continuativa), che, viste le particolari condizioni, potrebbero svolgere la prestazione lavorativa da casa, abbattendo così uno dei principali muri spesso legati al loro reale e proficuo inserimento nel contesto produttivo e sociale.

Edoardo Crespi

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