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In Breve

| 03 aprile 2017, 17:00

Quel turismo 2000 che non c’è più

Una pista di Garessio 2000 qualche anno fa

Una pista di Garessio 2000 qualche anno fa

Sciare guardando il mare, addirittura la Corsica nei giorni più fortunati: si poteva fare solo in due posti tra Liguria e Piemonte, Monesi e Garessio 2000, entrambi chiusi per motivi diversi. Il servizio andata in onda il primo aprile su Striscia la Notizia dalla Val Tanaro, è stato l’occasione per riflettere sul destino delle piccole stazioni invernali. L’inviato del tg satirico, Luca Galtieri, ha descritto il fascino trasandato di uno dei pochi luoghi al mondo, dove le piste regalano panorami sul blu, in questo caso del Mediterraneo.

A Garessio però gli impianti sono abbandonati da due anni, da quando l’ex gestore del comprensorio, il gruppo Marachella, ha dichiarato il fallimento. Mi ricordo ancora l’entusiasmo che aveva accompagnato la rinascita della località: Marachella aveva organizzato alcuni “open day” in cui si sciava gratis tutto il giorno, prevedibilmente era pieno di appassionati, me compreso, tutti curiosi di capire a che gioco stavamo giocando. Le domande che giravano erano sempre le stesse: Garessio 2000 può sopravvivere dal punto di vista economico? Quale imprenditore sano di portafoglio vorrebbe investire lì?

Mi ricordo benissimo la cartolina stupenda delle cime imbiancate, all’arrivo dello skilift Mussiglione, con il mare luccicante sullo sfondo. La baita era aperta, la ragazza che mi servì il cappuccino aveva una felpa con la scritta “Marachella Group”. Ora tutto è chiuso, scassato, cigolante, rovistato dai ladri, arrugginito.

Le riprese dei droni lanciati da Galtieri acuiscono il nostro disappunto, lo stesso che si prova pensando alla super frana che ha isolato Monesi, al turismo boom che quasi certamente nessuno sarà in grado di replicare. Poi penso anche ai soldi recentemente spesi a Viola St. Gree, alla seggiovia con vista non sul mare bensì sull’ecomostro, indelebile firma della cieca imprenditorialità cementizia dei decenni passati.

Le persone ormai sono abituate a sciare (più in generale: a trascorrere le vacanze) dove ci sono i servizi, quindi strade accessibili, neve artificiale per sopperire alla mancanza di quella naturale, alberghi decenti, buoni ristoranti, strutture sportive. Credo che in questi anni ci sia stato fin troppo accanimento terapeutico per stazioni sciistiche che hanno una dimensione troppo locale, da poter reggere la concorrenza delle stazioni più grandi. Già queste ultime fanno fatica a investire, figuriamoci le altre…

Sarò cinico, ma penso sia più saggio, anziché rivangare i bei tempi e sperare in difficoltose riaperture, immaginare una riconversione alla natura. Liberare i pendii dai tralicci (pure per questo servono tanti soldi ahimè) e provare a puntare su un turismo lento, di sentieri e sport in libertà, enogastronomia, ristrutturazioni di borgate da destinare alle attività ricettive. Un po’ come il modello della Val Maira, per capirci.

Luca Re

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