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| 15 marzo 2017, 17:00

Ceta una volta il Parmigiano

Ceta una volta il Parmigiano

Potremmo discutere all’infinito se l’Europarlamento abbia fatto bene ad approvare il trattato commerciale con il Canada (CETA, Comprehensive Economic and Trade Agreement), o abbia commesso un grossolano errore. Se sia giusto o sbagliato favorire il libero scambio di prodotti e servizi, con quali limiti, regole e tutele per i marchi di qualità.

Provo a ragionare da semplice cittadino-consumatore. Leggo i commenti più disparati sull’accordo perfezionato tra le sponde opposte dell’Atlantico, considerato il “fratello minore” del famigerato TTIP con gli Stati Uniti, poi accantonato, almeno per ora. Rileggi Insider: Quel mostro del TTIP Chi è favorevole, chi è contrario e punta il dito contro lo strapotere delle multinazionali, come se quest’ultimo fosse una novità. Certo le contraddizioni abbondano. Ad esempio, il trattato contempla solo una minima parte delle etichette DOP e IGP europee, escludendo tutte le altre, comprese le varie declinazioni dell’olio extravergine d’oliva italiano (tranne una, vi lascio la curiosità di scoprire quale).

Secondo l’assessore regionale all’agricoltura, Stefano Mai, c’è il rischio che le nostre tavole siano invase da pietanze Ogm e cibi contraffatti. Anche questo è un argomento un po’ trito: da anni le produzioni agroalimentari devono combattere contro il cosiddetto “italian sounding”, una forma di concorrenza sleale che fa sembrare italiano un prodotto che non lo è, tipico il caso del Parmesan citato dallo stesso Mai.

Come possiamo difenderci dagli intrighi commerciali più grandi di noi? Dagli accordi che pretendono di far dialogare mondi contrapposti? Dobbiamo promuovere di più l’eccellenza enogastronomica partendo da casa nostra (per casa intendo l’Europa), prendere il buono della globalizzazione, esportare di più, confezionare alimenti migliori dei concorrenti stranieri. Scrivere etichette chiare sulle origini delle materie prime, evitare di confondere e ingannare gli acquirenti, come purtroppo avviene spesso anche nel nostro paese.

Credo che nessun italiano sano di mente e di palato acquisterebbe mai un formaggio con scritto Parmesan sulla pellicola, se mai dovesse scorgerlo sullo scaffale di un supermercato. In Canada il vero Parmigiano Reggiano sarà riconosciuto e protetto ma dovrà competere con le sue scadenti imitazioni-traduzioni, che continueranno a essere utilizzate, a patto di non sviare i consumatori con riferimenti ingannevoli all’Italia.

È un mondo libero, come un partigiano reggiano, canta Zucchero, perciò dovremo essere più attenti e scaltri, ancora più bravi a persuadere i canadesi che il nostro formaggio è il più buono e sano che esista. E magari convincere il Canada ad ampliare la lista di prodotti tutelati oltreoceano.

Luca Re

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