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| 25 febbraio 2017, 06:00

I lavoratori dipendenti non sono tutti uguali, capiamo le differenze

A mente della norma citata esisterebbero dunque quattro tipologie di lavoratore subordinato: dirigenti, quadri, impiegati ed operai

I lavoratori dipendenti non sono tutti uguali, capiamo le differenze

Nell’ambito del diritto del lavoro esistono alcune importanti differenze persino tra gli stessi lavoratori dipendenti. E’ il caso dell’art. 2015 del Codice civile parla espressamente di categorie dei prestatori di lavoro. A mente della norma citata esisterebbero dunque quattro tipologie di lavoratore subordinato: dirigenti, quadri, impiegati ed operai.

In particolare, a fronte di una norma che si limita a consegnarci un semplice elenco, per specificare le differenze tra ognuna di queste categorie, è necessario compiere ulteriori indagini.

Ad esempio, in passato, sulla base di stereotipi e pregiudizi, gli operai venivano considerati in modo diverso dagli impiegati, proprio perché questi ultimi parevano godere di una migliore considerazione sociale, perché la loro funzione si connetteva allo svolgimento di una attività professionale (…) con funzioni di collaborazione tanto di concetto che di ordine, eccettuata, pertanto, ogni prestazione che sia semplicemente di manodopera (r.d.l. n.1825/1924). Oggi ovviamente queste considerazioni paiono superate sia dal comune sentire e sia dal fatto che il mondo economico e produttivo si è arricchito di numerose figure di operai altamente specializzati (spesso anche più formati di molti impiegati).

Pertanto, operai e impiegati, condividono oggi alla pari il primo gradino della classificazione tra lavoratori subordinati, anche e soprattutto grazie al sistema di inquadramento unico che prevede per quasi ogni livello di professionalità, rispettivamente, una mansione “operaia” ed una “impiegatizia”. Allo stesso modo anche il trattamento corrisposto a ciascuna delle due categorie esaminate si è da tempo allineato, raggiungendo l’abbattimento delle distinzioni più irragionevoli e marcate.

Al livello superiore di queste scale ad inquadramento unico si pone la figura dei quadri. Questo tipo di lavoratori, ai sensi dell’art. 2 della l. n. 190/1985, svolge funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa. Oggi, a questa figura, la contrattazione collettiva riconosce, generalmente, una maggiorazione retributiva attraverso la corresponsione di una indennità di funzione, viste le maggiori responsabilità delle quali viene investita nell’organizzazione aziendale.

Infine, al vertice, si pone la categoria dei dirigenti. Essi si collocano in una posizione del tutto particolare proprio perché, pur essendo anche loro dei lavoratori subordinati, esercitano una parte delle funzioni tipicamente riconosciute al datore di lavoro (a tal punto da esserne convenzionalmente definiti l’alter ego). In particolare, questo tipo di prestatore di lavoro possiede consistenti margini di autonomia nell’esercizio della propria attività, che si traducono spesso in veri e propri compiti di gestione all’interno dell’impresa in cui sono impiegati. A questa particolare categoria si applicano spesso delle regole speciali, diverse da quelle istituite per la generalità dei lavoratori (ad esempio in materia di organizzazione sindacale o con riferimento alla tutela contro il licenziamento).

Spesso, inoltre, la contrattazione collettiva riconosce la veste di dirigente anche ad alcuni lavoratori che, dotati di elevatissime professionalità, si pongono in posizione di particolare forza nel mercato del lavoro. Questi soggetti, seppur non dotati dei poteri di gestione tipici dei dirigenti “tradizionali”, vengono definiti dirigenti meramente convenzionali.

Infine merita attenzione la categoria dei dirigenti nel settore pubblico, i quali, in forza della particolare struttura delle pubbliche amministrazioni, hanno dei poteri gestori così rinforzati da essere definiti “datori di lavoro sostanziali”.

Edoardo Crespi

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