Che il Festival di Sanremo sia ormai un business di crescente rilevanza è dato di fatto.
Da tempo la kermesse sanremese è entrata nei circuiti globali dei profitti, andando oltre i confini tradizionali e romantici di canzone-amore.
Se è vero infatti che gli ascolti continuano a salire e si registra contemporaneamente un calo dei costi, è vero anche che con l'ultima edizione della manifestazione canora, quella del tris di Carlo Conti, la RAI potrà mettere in cassa oltre 17 milioni di utili in 3 anni.
A lamentarsi del Festival, al di là del comprensibile e quasi auspicabile polverone di polemiche, (del quale è evidente la ricaduta favorevole sull'audience), non conviene, in ultima analisi, a nessuno.
E ciò nonostante in RAI Pubblicità ci sia qualcuno che dica che, ad averlo saputo prima di Maria De Filippi alla co-conduzione dell'evento della Città dei Fiori, si sarebbero potuti guadagnare anche un paio di milioni in più. Si tratta solo di una sottigliezza o di un sillogismo di fronte al grasso che cola.
Per tornare ai costi, certamente si ricordano i 15,5 milioni spesi, meno 500 mila rispetto al 2015. Di questi, cinque milioni sono stati spesi per la convenzione con il Comune di Sanremo. Da qui l'utile di oltre 7 milioni.
Nel frattempo il triennio di convenzione dovrà essere discusso con un Comune di Sanremo che sicuramente vorrà qualcosa in più. Analogamente si muovono le case discografiche. E già intanto si lavora in vista dell'edizione 2018 del Festival. Non si mancherà, infine, di tornare a parlare della De Filippi, che in occasione del Festival 2017 non ha voluto strafare, malgrado le sollecitazioni ad un maggior coinvolgimento provenienti da Carlo Conti.
Insomma l'altra faccia del pianeta Sanremo, un Sanremo che non ci saremmo mai immaginato in passato. Resta solo da vedere se l'istituzione festivaliera potrà garantire a Sanremo e alla Riviera anche sbocchi concreti per la crescita attuale e futura. Non basta più dunque che il Festival della Canzone sia solo uno spettacolo di erratica ed inesauribile densità, labirintico e vorticoso a dispetto dell'apparente sua fenomenologia di richiamo nazional-popolare e aldilà del fascino che esercita fino agli estremi limiti della Terra. E visto che non si vive più in un secolo di giganti, dove la mediocrità in ogni caso (ma non quella di Orazio o quella di La Bruyère, sinonimi saggezza) regna sovrana, anche così può bastare.
Pierluigi Casalino