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| 09 febbraio 2019, 00:00

Festival: dopo le polemiche e gli scandali, arriva la contestazione e il primo ControFestival

Intervista a Dario Fo,

Festival: dopo le polemiche e gli scandali, arriva la contestazione e il primo ControFestival

La storia del Festival non è stata segnata soltanto dalle canzoni o dalle polemiche costruite ad arte sul nome del vincitore, sulla regolarità della gara, con svenimenti e colpi di scena sul palco. Nel 1969 il Festival visse il suo momento forse più  difficile, perché il vento della contestazione arriva anche nella città dei fiori e delle canzoni. La situazione economica è grave, le fabbriche chiudono, cresce la disoccupazione e la minaccia di disordini è molto forte. Il Casinò e le strade intorno vennero presidiate da polizia e carabinieri. In quel contesto, Dario Fo, Franca Rame ed altri annunciano un “Controfestival”, che si svolgerà a Villa Ormond, in concomitanza con la prima serata del Festival.

Per capire quella contestazione ripubblichiamo l’intervista che a distanza di oltre 40 anni il premio Nobel per la letteratura ci ha rilasciato in occasione del 60° anniversario del Festival.

D: Il Festival del 1969, fu l'anno della contestazione. Lei con sua moglie, Franca Rame, e molti altri siete stati fra i promotori di un "Controfestival" per contestare appunto il Festival di Sanremo. E’ stata sua l’idea della contestazione?

R: Assolutamente no. E’ stata dei ragazzi di Sanremo, che contestavano il Festival. Io mi trovavo in Toscana con Franca e la compagnia portanto in scena lo spettacolo “La grande Pantomina, con bandiere e pupazzi”. Due giovani di Sanremo, di cui non mi ricordo il nome, sono venuti a trovarci e ci hanno chiesto di sostenerli nella loro iniziativa. Abbiamo aderito con entusiasmo e per venire a Sanremo abbiamo passato due notti in treno senza dormire.

 

D:Che ricordo prova della manifestazione’

R: Mi ricordo benissimo quella manifestazione. A noi non interessava contestare i cantanti o le canzoni, ma soprattutto il contesto culturale del festival. Da quella contestazione prese il via anche in Italia l’affermazione di una nuova idea della figura del cantore e dell’autore, che canta spesso con la sola chitarra  e si muove nell’ambito della grande tradizione musicale internazionale, dai Beatles in avanti. La nostra è stata una iniziativa molto importante e soprattutto collettiva, perché insieme a noi si sono mossi centinaia di giovani, autori e musicisti diversi.

 

D: cosa ricorda in particolare?

R: Ricordo bene il luogo dove si svolse la manifestazione, un luogo veramente metafisico. Villa Ormond era una sorta di palestra con grandissime vetrate e situata all’interno di un parco meraviglioso dove si coltivavano fiori, frutta e dove si potevano ammirare molte piante tropicali. Sembrava di essere in una grande serra e provavamo un forte timore per un attentato. Noi, promotori della manifestazione,  insieme a tutti i numerosi partecipanti abbiamo provato momenti di grande preoccupazione in quei giorni per la paura dello scoppio di un ordigno, che avrebbe rotto i vetri e causato una pioggia di frammenti su tutti coloro, che si trovavano all’interno, e con conseguenze gravissime. Dentro eravamo davvero tanti, stipati all’inverosimile. Moltissime persone, che con coraggio sfidarono quella paura, mosse dalla consapevolezza di scardinare una mentalità ed un luogo comune della musica: si stava entrando in un altro spazio ed un altro tempo.

La quantità di polizia presente in città faceva impressione, sembrava la fine del mondo. Tutto quello schieramento di uomini era semplicemente in difesa di una tradizione canora, che portava denaro, ed era diventata un vero affare internazionale, prodotto dalla televisione italiana e venduto all’estero.

Quindi eravamo in presenza di un atto in difesa di un capitale, di un affare, di un profitto contro una diversa idea di rinnovamento e trasformazione del modo di cantare e del mondo della canzone. Una idea, la nostra, che prendeva a riferimento soprattutto il canto popolare. Il nostro movimento era contro una falsa popolarità espressa dalla canzonetta per riprendere quella che i ricercatori avevano chiamato “l’epopea culturale popolare”, sottolineo il carattere popolare e non populistica come accade oggi.

 

D: La città di Sanremo come vi accolse?

R: Nonostante il clima di forte tensione ho un bel ricordo anche degli abitanti della città di Sanremo. In particolare dei giovani, che parteciparono alla manifestazione con entusiasmo e contenti del fatto che proprio nella loro città si aprisse una fase nuova di rottura con una tradizione obsoleta e negativa. Ma anche le persone non più giovani e semplici capivano l’importanza del momento e ci esprimevano solidarietà.

Nettamente ostile con noi era il potere politico ed economico della città, quello che viveva non con i fiori,  ma con gli affari legati al festival e che vedeva con preoccupazione la nostra iniziativa per il timore dell’affermarsi di un nuovo linguaggio e di una nuova cultura musicale. Cosa che sarebbe accaduta negli anni successivi.

La nostra manifestazione è stata la scintilla per far apparire sulla scena che non c’era più un unico festival. Quell’anno i festival furono due ed avevamo rotto il monopolio festivaliero della musica. Quella manifestazione liberò energie fino ad allora poco conosciute in  campo culturale, musicale, letterario e  teatrale.

 

D: Come reagirono i cantanti che partecipavano al Festival? 

R: Alcuni cantanti, alcuni anche importanti, fra quelli che partecipavano al Festival ci appoggiarono perché avevano  capito che la contestazione non era rivolta contro di loro, ma aveva radici e motivazioni più profonde.

Ma a distanza di oltre 40 anni rimane ancora fortissimo il ricordo incredibile ed irreale di una città messa in stato d’assedio, con la polizia schierata in assetto di guerra contro dei giovani che volevano soltanto cantare in modo diverso: l’esercito in difesa della canzonetta aggredita dal canto. Quello per capirci era il tempo del “Ci ragiono e canto” con interpreti molto bravi della musica popolare e che rappresentavano diverse regioni. Artisti come Ivan Della Mea, Paolo Ciarchi, il Gruppo Padano di Piadena, il coro del Galletto di Gallura, Giovanna Marini, Caterina Bueno, Rosa Balistreri solo per citarne alcuni.

 

Intervista realizzata nel mese di gennaio 2010

Foto gentilmente concesse dall’archivio del teatro di Dario Fo e Franca Rame

Le immagini di questo articolo si trovano nel libro Sanremo Story edizioni Zem di Vallecrosia

Claudio Porchia

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