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Al Direttore | 18 gennaio 2017, 07:41

Sanremo: la nascita del 'Cinema Teatro Centrale' di via Matteotti nel racconto di Andrea Gandolfo

Lo storico Andrea Gandolfo dopo aver trattato le vicende storiche del Teatro Ariston, oggi torna a parlare di un altro “storico” teatro matuziano, il Cinema Teatro Centrale di via Matteotti, inaugurato nel marzo del 1924 e celebre, tra le altre cose, per essere stato affrescato dal noto pittore toscano Galileo Chini.

Andrea Gandolfo

Andrea Gandolfo

Lo storico Andrea Gandolfo dopo aver trattato le vicende storiche del Teatro Ariston, oggi torna a parlare di un altro “storico” teatro matuziano, il Cinema Teatro Centrale di via Matteotti, inaugurato nel marzo del 1924 e celebre, tra le altre cose, per essere stato affrescato dal noto pittore toscano Galileo Chini. Ecco il racconto delle vicende storiche e artistiche del Teatro Centrale di Sanremo: 

"Nel clima di generale ripresa sociale ed economica degli anni immediatamente successivi alla fine della prima guerra mondiale, anche Sanremo divenne meta di numerosi imprenditori e uomini d’affari, che desideravano sfruttare al meglio l’invidiabile posizione della città per rilanciarne l’immagine turistica e riportarla ai fasti della belle époque. Tra questi vi era anche l’impresario Aurelio Berardinelli, allora proprietario di un grande cinematografo a Salsomaggiore Terme in provincia di Parma, il quale decise di costruire una nuova grande struttura destinata agli spettacoli teatrali e cinematografici nella centralissima via Vittorio Emanuele II (l’attuale via Matteotti) lungo la prospettiva dell’odierno corso Mombello, sullo stesso terreno dove erano stati edificati prima l’Arena Sisto, poi il cinematografo Parisiana, diventato successivamente Marconi e infine Moderno. Quest’ultimo, già di proprietà della famiglia Moraglia e con la struttura ancora in legno, aveva l’entrata vicino al Caffè Europèen, aperta sul Rigolè, come era allora comunemente indicato l’incrocio tra le odierne vie Matteotti e Feraldi e l’attuale corso Mombello.

L’imprenditore salsese affidò quindi il progetto di costruzione del nuovo edificio al suo concittadino architetto Guido Tirelli, che nella città emiliana svolgeva le mansioni di direttore dell’Ufficio tecnico comunale e di ingegnere capo della grande fabbrica delle Terme Belzieri. Le opere in cemento furono invece affidate all’impresa Ugo Jacazio di Genova, mentre i ferri battuti vennero realizzati dall’artigiano lombardo Alessandro Mazzucotelli. Il 20 marzo 1924 si tenne l’inaugurazione ufficiale del nuovo teatro, che era stato espressamente commissionato da Berardinelli per essere utilizzato soprattutto come sala cinematografica, come infatti avvenne fin dai primi anni anche per la ridotta profondità del palcoscenico. Ed è proprio per le funzioni di natura cinematografica che il Centrale ricevette il suo primo importante riconoscimento con l’assegnazione del Diploma, Gran Premio, Medaglia d’oro e Croce d’Onore al merito industriale alla Prima Esposizione internazionale di Roma del 1926.

Il Centrale, nonostante sia stato commissionato per il cinema, è stato ideato come un vero e proprio teatro, come risulta evidente dalla ripresa delle tipiche forme della boccadopera con quattro palchi di proscenio in perfetta sintonia con la migliore tradizione ottocentesca. Di ispirazione prettamente classica è pure il disegno a ferro di cavallo delle balconate inserite nei bracci della croce latina su cui è sviluppata la pianta dell’edificio. Nell’ambito dell’impianto decorativo generale del teatro, in sintonia con i canoni della più genuina tradizione teatrale italiana, si innesta in particolare il grande affresco della fascia anulare della cupola con la raffigurazione di Sanremo Trionfante circondata da centauri e ninfe ripresi in volo tra luci, immagini solari e scene marine, opera dell’artista toscano Galileo Chini (1873-1956), uno dei maggiori e più noti interpreti dell’arte figurativa italiana nei primi due decenni del secolo scorso.

Al centro della cupola una botola si apriva meccanicamente alla fine di ogni spettacolo, mentre tra la botola e le leggiadre figure affrescate da Chini, è inciso il motto: «Canto di Luce l’inesprimibil sogno in Verità tramuta», il cui oscuro significato è stato ragionevolmente interpretato come la verità del cielo che si apre dopo la finzione, ovvero il sogno, cinematografico. La notevole classe pittorica di Chini richiama le pregevoli soluzioni della cultura decorativa ligure, riuscendo in modo mirabile a tradurre con un linguaggio innovativo la rappresentazione iconografica più autentica dei grandi teatri settecenteschi e ottocenteschi. Galileo Chini è, del resto, un artista esperto nella realizzazione di pitture celebrative di grande respiro e dalle notevoli dimensioni, e proprio a Sanremo, era già stato autore del programma per l’inaugurazione del monumento a Garibaldi dell’amico Leonardo Bistolfi, avvenuta nell’aprile del 1908. Chini fu anche valente ceramista (fondò tra l’altro una manifattura di ceramica a Firenze e Borgo San Lorenzo attiva dal 1886 al 1949), scenografo (si ricordano sue scenografie per varie opere di Sem Benelli), illustratore di libri e grafico. Nelle sue pitture sanremesi l’artista toscano si rivela interprete colto e capace di una profonda e sincera immedesimazione nell’ambiente nel quale si trovava ad operare, com’era quello matuziano nella prima metà degli anni Venti del XX secolo.

L’arte di Chini si caratterizza inoltre per la straordinaria capacità di rivisitare in modo nuovo e creativo motivi simbolisti e divisionisti in chiave esotica e neorinascimentale, mutuata da un’originale e innovativa rienterpretazione di importanti artisti e compositori quali Manet, Klimt, Bonnard, Debussy e Puccini. L’affresco per la cupola del Centrale è scandito da figure composte, avvolte dai vapori estivi e immerse in paesaggi attraversati da bagliori rossastri, mentre le tonalità appaiono limpide e luminose in perfetta simbiosi con il circostante ambiente sfavillante di luci e colori. La struttura teatrale venne completata nel 1928 con la realizzazione dell’ampia facciata in stile déco su progetto dell’ingegnere, e allora podestà di Sanremo, Pietro Agosti, che dimostrò di aver appreso in modo schietto e naturale i dettami della nuova corrente artistica impostasi nell’Esposizione di arti decorative e industriali di Parigi del 1925.

Nei primi anni di attività il pubblico poteva accedere al cinema attraverso un vasto atrio che occupava il pianterreno dell’edificio, ubicato alla sinistra del cortile nel quale si apre l’attuale ingresso. Dopo aver sceso alcuni gradini, si giungeva davanti all’entrata della platea, affiancata a sinistra dalla scala utilizzata per salire ai palchi e ai due ordini di gallerie, mentre la parte destra, che si affaccia sul cortile, ospitava soltanto le uscite. Di fianco alla sala cinematografica, con la quale era in comunicazione ma con entrata e foyer distinti (e tuttora ben conservati e visibili, anche se incorporati nel negozio al civico 97 di via Matteotti), venne poi costruito, e aperto al pubblico nel 1929, il Tabarin Florida, un locale notturno di piccole dimensioni, nel quale si poteva assistere a spettacoli di varietà e il cui nome deriva da quello di un attore comico francese del Seicento, denominato Tabar dal tipo di mantello che indossava.

Assai raffinati risultano in particolare il piccolo palcoscenico racchiuso da due fanciulle nude, flessuose cariatidi di cartapesta dipinta policroma, le pareti e il soffitto riccamente decorati con motivi déco con al centro un Trionfo di Cupido, mentre nella parete opposta al palcoscenico campeggia un grande dipinto raffigurante la Primavera, omaggio al clima mite di Sanremo, motivo principale del successo turistico della città, da parte di Paolo Rusconi, che fu anche l’autore di tutte le altre pitture e decorazioni della sala.

A pochi anni di distanza dall’inaugurazione, la gestione del Centrale da parte dell’imprenditore salsese Berardinelli era tuttavia già entrata in crisi, anche per il fatto che il cinema-teatro era ancora sprovvisto di un impianto per il cinema sonoro, tanto che alla fine Berardinelli riuscì ad evitare la bancarotta soltanto vendendo la struttura nel 1933 all’azienda dei Vacchino, allora gestita dalla signora Emilia, vedova del capostipite Carlo, e dal giovane figlio Aristide, destinati a svolgere un ruolo di primaria importanza nelle vicende dell’industria teatrale e cinematografica sanremese. Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale l’ingresso e l’atrio antistanti l’attuale via Matteotti furono quindi trasformati in locali riservati ad attività commerciali.

Tra giugno e settembre del 1987 l’intero complesso del Centrale è stato infine sottoposto ad una serie di interventi mirati ad un attento e scrupoloso restauro della struttura attraverso la sua omologazione con le più recenti disposizioni di sicurezza e le più moderne apparecchiature tecniche. In particolare, la sala del teatro, ampliata nel dopoguerra, è stata riportata alle dimensioni e caratteristiche originarie, ricavando negli spazi così ottenuti un nuovo locale adibito a video-club. Nel corso di tali interventi fu riportato a nuova vita il vecchio Tabarin Florida, che era stato declassato a magazzino, dopo essere diventato una sala biliardi nei primi anni Cinquanta. Grazie all’accurato restauro l’ambiente ha riacquistato l’antico sfarzoso aspetto liberty, trasformandosi in una piccola sala cinematografica e teatrale per un centinaio di posti, che ha riassunto lo storico nome di Cinema Tabarin. Davanti all’ingresso principale del Centrale si segnala infine la presenza, all’interno di un’aiuola, della statua dell’Ondina, realizzata, al pari della Primavera, sua celeberrima sorella in passeggiata Imperatrice, dallo scultore Vincenzo Pasquali, e già situata per lungo tempo nei giardini davanti alla spiaggia del Morgana.

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