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In Breve

| 09 gennaio 2017, 17:00

Il Facebook sotto il mare

Un'immagine del film The Social Network

Un'immagine del film The Social Network

Un paio d’anni fa, Umberto Eco affermò che i social network “danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino”. C’è del vero in questa provocazione: Facebook e le altre reti sociali possono essere un ottimo strumento per comunicare, ma possono pure trasformarsi - e questo avviene sempre più spesso - in chiacchiere da osteria.

Il mondo virtuale amplifica la portata delle storie che raccontiamo, comprese le stupidaggini, i particolari piccanti, gli insulti e i post di varia natura che, invece, dovrebbero rimanere confinati nel nostro “tavolo”. Così il rischio di finire in una spirale di commenti ai commenti di qualcun altro, con battute scritte di getto, è quanto mai concreto. Facebook è un’arma a doppio taglio, tanto più per un personaggio pubblico, perché la chiacchiera social è senza limiti, espone una data opinione a un vasto uditorio senza il filtro della comunicazione verbale e fisica. Eppure, prima o dopo, un po’ tutti cadono nell’errore.

Il presidente della Provincia, Fabio Natta, ha appena dato del “cialtrone ignorante” in un commento su Facebook a Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e leader del Movimento 5 Stelle (il dibattito verteva sull’abolizione delle province: vedi l’articolo del nostro giornale). Poi Natta ha dovuto correggere il tiro, spiegando, tra le altre cose, che Facebook “non è il posto migliore per discutere di questi temi”.

Una polemica ben più grave ha coinvolto in questi giorni il presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre, Vittorio Alessandro. Sempre su Facebook, sotto una foto di Auschwitz, aveva scritto “Vabbè, lo sterminio… però ha portato tanto turismo”. Il post, poi rimosso, ha comprensibilmente generato una serie di critiche molto dure nei suoi confronti.

È molto difficile, dopo, spiegare che stavi parlando del turismo di massa con i suoi effetti negativi-distruttivi su certi territori, forzando un po’ la mano con un paragone quantomeno azzardato tra il lager e le Cinque Terre… Intanto il danno è fatto, nonostante tutte le scuse e le precisazioni del caso.

Non sarebbe stato meglio affrontare l’argomento in altra sede e con altro tono? Cosa spinge tante persone mediamente colte e intelligenti a essere così poco avvedute nei propri commenti social? Forse potrebbe risponderci Stefano Benni con una nuova serie di racconti da bar sotto il mare. Sono sicuro che la rete gli possa offrire tantissimi spunti.

Luca Re

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