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In Breve

| 05 dicembre 2016, 17:00

Ghost Agnesi

Ghost Agnesi

L’unico commento che mi sento di fare sul futuro dello stabilimento Agnesi è che Imperia deve smettere di “pensare in grande”. Basta col gigantismo. Stop alle idee troppo ottimiste, troppo belle per essere vere, troppo fantasiose. Qualche proposta per il palazzone dello storico veliero? Così è facile: una stupenda, enorme galleria d’arte moderna, una succursale nostrana della Tate Modern, anzi già che ci siamo, chiediamo a Frank Gehry di costruirci sopra un pezzettino di architettura decostruttivista in stile Guggenheim.

Il modello che molti vorrebbero seguire è l’ex fabbrica che si trasforma in un magnifico contenitore di qualcosa: di tutti gli sport perché Imperia potrebbe diventare la fotogenica capitale mondiale di qualsiasi attività fisica. Di tutte le start-up perché la città accoglierebbe volentieri le aziende innovative che, a loro volta, non vedrebbero l’ora di potersi stabilire in Riviera. Di attività non meglio specificate per “creare nuovi e più occupati rispetto a quelli dell’Agnesi”, come ha detto il sindaco Capacci, prefigurando en passant un cambio di destinazione d’uso dell’area. Anche se, non più tardi della scorsa primavera, il consiglio comunale aveva approvato la mozione per mantenere il vincolo industriale, con il voto dello stesso Capacci.

Però spiace costatare che non siamo a Londra, né a Milano, dove per esempio l’ex area Ansaldo in zona Tortona, acquisita dal comune nel 1989, è progressivamente evoluta in un polo culturale con spazi per mostre, sfilate, produzioni televisive, un museo, un bar, ambienti condivisi di lavoro (coworking). Imperia è Imperia, città dove tutto ormai è fuori scala rispetto alle esigenze e alle potenzialità dei suoi abitanti. Il porto più bello del Mediterraneo, la piscina quasi olimpionica, i musei semiaperti o semichiusi con spiccate vocazioni internazionali, il water front più incolto del Mediterraneo.

All’Agnesi facciano un parcheggio, davvero, perché forse è la soluzione più razionale e utile, grande e a pagamento, tante auto al posto dei camion nelle viscere del fabbricone. Poi un museo della pasta che nessuno visiterà, perché sarà costruito al quinto piano mentre i macchinari sono più in basso, come se alla gente importasse qualcosa di contemplare statiche rappresentazioni dello spaghetto che fu.

Non sempre un manufatto postindustriale è condannato alla rovina. Nel genovese sta per riaprire al turismo la storica miniera di manganese di Gambatesa, ad esempio. Le miniere esercitano sempre un certo fascino sui visitatori, al pari di grotte, sommergibili, treni a vapore e altri “mondi nascosti”. Capacci ha detto che Imperia non può permettersi il lusso di un’Italcementi bis, ma un’Agnesi fantasma è ciò che Imperia si può permettere in questo momento e che, in fondo, si merita.

Luca Re

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