Quella notte non riuscii a dormire. E neanche le notti seguenti. Andavo a letto come ogni sera ma le lenzuola mi sembravano troppo ruvide e il cuscino duro come una pietra. Mi alzavo a notte fonda, mentre tutti dormivano e andavo in giardino. Eravamo nel cuore dell'estate e l'aria era tiepida come una carezza. Mi stendevo su una panchina e contavo le stelle. Mi sarebbe piaciuto essere come nel piccolo principe, un libro che mia madre mi aveva letto da bambino. Mi ero immaginato quel principino che viveva su una stella e poteva volare nello spazio. A me sarebbe bastato che il nostro mondo fosse fatto di cielo invece che di terra. Allora mi sarei addormentato e nel sonno sarei precipitato giù giù giù fino ad attraversarlo tutto e ad arrivare dall'altra parte, dove immaginavo che dovesse esserci l'Australia.
Eppure subito dopo non mi piaceva più l'idea di un mondo fatto solo di cielo e di aria. Desideravo invece che le cose fossero vere, fatte di legno, di ferro, di pelle, così da poterle toccare. Ma anche annusare, e baciare e stringere forte.
Desideravo chiudere il passato e tuffarmi nel futuro.
Mi aspettava una nuova vita. Quella con mia madre.
Dovevo solo aspettare.
E intanto vivere.
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