- 20 novembre 2016, 06:20

La vera storia di Oscar Rafone: Niente da perdere (cap.39)

Pubblichiamo ogni domenica il libro di Enzo Iorio, suddiviso per capitoli, per offrire a tutti un momento culturale nella 'giornata on line

La vera storia di Oscar Rafone: Niente da perdere (cap.39)

Oggi Laura è venuta a trovarmi e mi ha detto che il maresciallo si è proprio arrabbiato. Mi ha raccontato che davanti a lei ha cercato di controllarsi, ma quando poi è uscita dal suo ufficio lo ha sentito bestemmiare e ripetere "Lo sapevo, lo sapevo, quel piccolo delinquente..."

Io ridevo, ma lei non sembrava molto contenta, anzi. Mi ha detto che sarò convocato dal giudice e che forse ci saranno delle conseguenze.

— Ok, — ho fatto. — È giusto. Se devo pagare pagherò.

Poi mi ha preso le mani tra le sue, proprio così.

— Oscar, devo dirti un'altra cosa importante, — ha detto. — Tuo zio Mario...

— Zio Mary? — ho chiesto. — Quello che sta in Australia? Cosa gli è successo?

— Niente. Abbiamo dovuto contattarlo perché lui risultava essere l'unico tuo parente vivo.

— È vero! Ma sono tanti anni che non lo vedo e so che non vuole tornare in Italia neanche morto.

— Hai ragione, ma c'è un'altra cosa che devi sapere.

Mi strinse le mani più forte.

Non riuscivo proprio a immaginare cosa stesse per dirmi.

— Tuo zio Mario — Mary, come lo chiami tu — sa dove si trova tua madre.

— Al cimitero, — feci io.

— Oscar, tua madre è viva.

Booooom! Una bomba atomica mi esplose nel cervello.

Dovevo avere la faccia come la maschera di scream, con la bocca spalancata e il mento lungo lungo. Davanti a me non vedevo più Laura. La fissavo senza vederla. Nei miei occhi c'erano mio zio Mary, i canguri, gli aborigeni, ma soprattutto c'era mia madre. Non sapevo come immaginarmela perché non la vedevo da otto anni, però lei era lì. Sentivo la voce di Laura che parlava di mia madre, di una fattoria isolata, di un uomo più vecchio e di una famiglia, di un paio di figli molto piccoli.

Mia madre era viva! Mi avevano fatto credere che fosse morta. Sia mio padre che i miei nonni non avevano mai cercato di contraddirmi quando me ne uscivo con delle frasi come "La mamma è andata in cielo". Avevano lasciato che col passare dei giorni, delle settimane e dei mesi mi facessi da solo una ragione del fatto che lei non era più con noi. E lei era sparita per davvero. Come aveva fatto a vivere lontano da me? Come aveva potuto? Si era dimenticata completamente di avere un figlio? Possibile che non avesse avuto mai il modo di venirmi a trovare, di scrivermi una lettera, di chiamarmi al telefono, da quando ero stato affidato a mio padre? Non mi veniva difficile immaginare quanto avevano dovuto impegnarsi papà e i nonni per impedirglielo, ma non riuscivo proprio ad accettare che lei si fosse potuta arrendere di fronte al fatto di non avere più ME! Il SUO Oscar!

"Non voglio vederla!" lo pensai ma non riuscivo a dirlo.

Avrei voluto urlarlo, ma non ne fui capace; continuavo a tenere la bocca aperta con la mandibola che penzolava. Mi sentivo la gola chiusa. Provai a ingoiare, ma stavo per strozzarmi. Laura mi versò dell'acqua in un bicchiere. Bevvi di corsa, rovesciandomela addosso. Poi con un fil di voce (non ero io a parlare, ma una parte di me nascosta in profondità, un bambino piccolo che conoscevo molto bene ma che non sentivo più da una vita) bisbigliai: — Mamma, quando arriva?

Enzo Iorio

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