- 13 novembre 2016, 06:00

La vera storia di Oscar Rafone: Niente da perdere (cap.38)

Pubblichiamo ogni domenica il libro di Enzo Iorio, suddiviso per capitoli, per offrire a tutti un momento culturale nella 'giornata on line

La vera storia di Oscar Rafone: Niente da perdere (cap.38)

La settimana scorsa ho restituito il portatile a Laura. Lei era felice quando ha visto il file del mio racconto. Mi ha detto che non avrebbe mai immaginato che sarei riuscito a scrivere così tanto e che era fiera di me per come mi ero impegnato. La sera dopo venne di nuovo a trovarmi in comunità e mi abbracciò, sì, proprio così. Mi disse che aveva letto tutta la mia storia e che in certi punti si era perfino commossa.

— Continua a scrivere, — aggiunse —, fallo ogni volta che ti senti solo, ti aiuterà a capire come sei fatto veramente, ti farà vedere con più chiarezza la tua vita, il tuo futuro, le persone che ti troverai di fronte. Usa la carta, il computer, o anche solo un cellulare.

E infatti quello che sto usando in questo momento per scrivere è proprio il mio cellulare. Non posso usarlo per telefonare o messaggiare perché in struttura non mi passano i soldi per le ricariche, ma per scrivere va più che bene. Grazie Laura!

Laura mi disse che era tenuta a informare il maresciallo sul contenuto della mia storia e sui particolari che avevo raccontato perché toccava a lui valutare se c'era qualcosa di penalmente rilevante e di conseguenza decidere se metterne al corrente il giudice dei minori che stava seguendo il mio caso.

Laura dice che forse mi accuseranno di complicità o, come dicono in questi casi, di favoreggiamento oppure di aver ostacolato la giustizia o ancora di falsa testimonianza. Boh, a essere proprio sincero non me ne importa molto. L'unica cosa che so è che Zamina aveva fatto molto per me quando ero stato male, aiutandomi senza pretendere niente, dunque il minimo che io potessi fare per lei era impedire che qualcosa si mettesse di traverso sul suo percorso. Se non avessi accusato me stesso del furto dei quindicimila euro, i carabinieri avrebbero continuato a torchiarla come un'arancia nello spremiagrumi e alla fine l'avrebbero sbattuta dentro per chissà quanto e questo avrebbe costretto i suoi o ad abbandonarla o a fermarsi tutti per aspettarla fino al termine della pena. Per tutta la vita l'avrebbero ritenuta responsabile di ogni guaio e di ogni maledizione. Io invece, cosa avevo da perdere? Quando mi ero deciso a prendermi la colpa del furto non sapevo ancora di mio papà e in quel momento allontanarmi il più possibile da lui mi sembrava l'unica soluzione per evitare altri guai, visto che solo per un pelo non avevo premuto quel maledetto grilletto. Se mi avessero messo dentro, in riformatorio, per esempio, mi sarei sentito più al sicuro che a casa con mio padre. Forse mi sbagliavo ma ero disposto a rischiare. Poi è andata come è andata e mio papà ci ha pensato lui a risolvere il problema. Mi dispiace molto per quello che ha fatto e ogni tanto prego per lui. Spero che stia meglio ovunque si trovi adesso.

 

Enzo Iorio

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