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| 05 novembre 2016, 09:15

Il potere di controllo del datore di lavoro, approfondimento

Oggi, la nostra analisi, pur restando ferma sull’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, si sposta su quelle forme di sorveglianza che vengono attuate attraverso i moderni strumenti tecnologici

Il potere di controllo del datore di lavoro, approfondimento

Nello scorso appuntamento la nostra attenzione si è soffermata sulle modalità di controllo che possono essere utilizzate nei confronti del lavoratore attraverso l’impiego di personale, con perquisizioni o altre forme di verifica.
Oggi, la nostra analisi, pur restando ferma sull’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, si sposta su quelle forme di sorveglianza che vengono attuate attraverso i moderni strumenti tecnologici.

La riflessione deve necessariamente partire dalla lettura dell’articolo 4 della l. n. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), rubricato “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”. Va subito precisato che la norma menzionata è stata ampiamente revisionata dalla riforma del Jobs Act (art. 23, co. 1, D.lgs. n. 151/2015) che, oltre ad aggiornarne necessariamente i contenuti alle tecnologie disponibili nel terzo millennio, ha prodotto numerosi cambiamenti nel modo di interpretare il potere di controllo del datore di lavoro.

In particolare, troviamo due modalità principali attraverso le quali l'imprenditore può agire nel senso finora esposto.
Quanto alla prima, la norma riporta l'eventualità di utilizzare impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori. In tal contesto è possibile far rientrare, ad esempio, i sistemi di video sorveglianza piuttosto che software che consentano la verifica delle navigazioni internet dei pc nell’azienda. La legittimità di queste forme di attenzione è ammessa solo quando sia accompagnata da esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela dei patrimonio aziendale. Ovviamente ci sono delle ipotesi, come quella connessa alle esigenze di sicurezza, nelle quali anche se il fine è quello del controllo dei locali dell’azienda, il risultato potrebbe anche essere quello di controllare indirettamente il lavoratore (si può parlare di controllo preterintenzionale: sorveglio con delle telecamere l’atrio di una banca contro il rischio di rapine, ma, contemporaneamente, non posso non inquadrare Tizio che rientra nel campo visivo mentre fa il suo lavoro di cassiere).

Pertanto, in questo, come in tutti gli altri casi, l’impiego di tali forme di ispezione, dovendo comunque tenere conto dei non secondari diritti del lavoratore, è subordinato alla realizzazione di un accordo tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dell’azienda, o, in mancanza, attraverso un provvedimento emanato dalla Direzione territoriale del lavoro (che assume la veste del Ministero del lavoro per le imprese di dimensione nazionale). Sono da considerarsi tassativamente vietati i controlli nascosti (perché non comunicati, o non deliberati da accordo sindacale o provvedimento della Direzione territoriale del lavoro), ad esempio posti in essere occultando delle videocamere.

Il secondo aspetto contemplato dalla norma riguarda invece le forme di controllo realizzate attraverso gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. In questa parte la legge si riferisce agli apparecchi che il dipendente si trova ad utilizzare per eseguire i propri compiti, ma anche ai sistemi di monitoraggio della permanenza in azienda. Possiamo riferirci in tale ambito a computer, smartphone, tablet aziendali che, con lo sviluppo della tecnologia, sono sempre più diffusi nella dotazione personale del lavoratore e dai quali possono derivare nuove forme di sorveglianza. Ad esempio sarebbe possibile inserire un software che verifichi i contenuti delle attività realizzate con l'apparecchio, o, più semplicemente, la registrazione dei tabulati telefonici di un dispositivo di telefonia mobile.

In questo contesto le maglie della legge diventano decisamente più ampie rispetto al caso precedente. Infatti è consentito il monitoraggio di questo tipo di apparecchiature, quindi delle connesse attività del lavoratore, senza la necessità di rientrare nelle stringenti condizioni di legittimità esposte in precedenza e senza il doveroso raggiungimento dell’accordo sindacale (nemmeno sotto la forma dell’autorizzazione della DTL). L’unico obbligo che viene imposto al datore di lavoro è quello di fornire una dettagliata e preventiva informazione sulle modalità di utilizzo degli strumenti di lavoro e delle circostanze nelle quali verranno realizzati i controlli, fermo restando il rispetto delle norme sulla privacy. 
Non va trascurato come il tipo di strumenti che il lavoratore potrebbe usare per svolgere la prestazione lavorativa, in molti casi possa rappresentare degli oggetti dei quali spesso viene fatto un uso quotidiano e che, addirittura, come nel caso dello smartphone, ciascuno di noi porta costantemente addosso.
A fronte di questa forma di controllo che, nell’ambito dello svolgimento della prestazione lavorativa, potrebbe essere continua, si comprende la delicatezza delle novità che il Jobs Act ha introdotto sul tema.
Soprattutto, la portata del nuovo articolo 4 della l. n. 300/1970 è decisamente ampliata nella parte in cui si ammette di poter utilizzare le informazioni ottenute attraverso i controlli (indifferentemente tra il primo ed il secondo caso che abbiamo esaminato) per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro. Quindi, a titolo di esempio, il datore di lavoro, a patto che illustri le modalità di controllo e di utilizzo dell’apparecchio fornito in dotazione, potrà usare contro il lavoratore informazioni che abbiano rilievo anche ai fini disciplinari, come nel caso della registrazione di una mail che testimoni una violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà cui il prestatore è sottoposto dalla legge, potendo legittimamente applicare i relativi provvedimenti sanzionatori.

Edoardo Crespi

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