- 22 ottobre 2016, 13:48

Il potere di controllo del datore di lavoro.....

In particolare, questa forma di influenza dell’imprenditore si può realizzare sia attraverso il classico controllo rivolto ad accertare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa, sia attraverso un tipo di attività di sorveglianza finalizzata ad assicurare l’integrità del valore patrimonio aziendale

Il potere di controllo del datore di lavoro.....

Un’altra espressione del potere direttivo del datore di lavoro è rappresentata dall’esercizio del c.d. potere di controllo. In particolare, questa forma di influenza dell’imprenditore si può realizzare sia attraverso il classico controllo rivolto ad accertare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa, sia attraverso un tipo di attività di sorveglianza finalizzata ad assicurare l’integrità del valore patrimonio aziendale.
In effetti giova ricordare che il lavoratore nella maggior parte dei casi, essendo integrato in un’impresa, entra sovente a contatto con materiali e merci (anche preziosi) che sono di proprietà dell’imprenditore e che, pare legittimo, prevedere dei meccanismi per favorirne la conservazione.
Tuttavia, come abbiamo ormai imparato, nell’ambito del rapporto di lavoro si rende necessario bilanciare in modo equilibrato i rispettivi diritti delle parti. Infatti le modalità di controllo, che possono essere realizzate sia impiegando “fisicamente” del personale addetto a tale scopo e sia avvalendosi di sistemi di sorveglianza automatica, devono seguire delle precise regolamentazioni perché sono rivolte all’indirizzo del lavoratore, cioè di un soggetto del quale vanno tutelate, tanto l’integrità fisica, quanto la personalità morale.

Ai fini di proteggere il patrimonio aziendale, l’imprenditore ai sensi dell’art. 2 della L. n. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori) può avvalersi di guardie giurate, cioè di personale in divisa e munito di arma da fuoco (così come previsto dagli artt. 133 e ss. del TULPS. Si pensi ad esempio al personale in servizio presso alcune banche). Il ricorso a questo tipo di controllo è tassativamente vincolato alla tutela del valore dei beni presenti nell’azienda e, pertanto, le guardie non possono accedere ai locali dove si svolge l’attività lavorativa se non per particolari e motivate esigenze e, allo stesso tempo, non possono contestare ai lavoratori nessun loro comportamento che non sia riferito alle esigenze di tutela del patrimonio posseduto dall’imprenditore (la guardia potrebbe contestare un atto che comprometta il valore dei beni aziendali, come un furto, ma non potrebbe contestare, ad esempio, un atteggiamento maleducato nei confronti di un cliente, anche se sarebbe comunque nell’interesse dell’imprenditore punire questo tipo di condotta).
Un’altra modalità di tutela del patrimonio aziendale è rappresentata, ai sensi dell’art. 6 dello Statuto dei lavoratori, dalle visite personali di controllo, vale a dire, lo svolgimento di perquisizioni personali sui lavoratori (si pensi al caso di un’impresa che svolga lavorazioni di materiali piccoli e preziosi come dei diamanti: la facilità di appropriarsi di questo tipo di bene sarebbe palese e produrrebbe gravissimi danni al proprietario, cioè il datore di lavoro). Ovviamente la predetta forma di tutela degli interessi dell’imprenditore è sottoposta a pesanti restrizioni ed è solamente ammessa, nei soli casi indispensabili, quando ricorra un accordo con le rappresentanze sindacali, o, se questo non venga raggiunto, attraverso un provvedimento della Direzione provinciale del lavoro, emanato su richiesta del datore di lavoro. Lo stesso citato articolo 6 prevede che le perquisizioni siano effettuate all’uscita dei luoghi di lavoro ed attraverso modalità che garantiscano la dignità e la riservatezza del lavoratore. Inoltre, per mantenere l’imparzialità di queste forme di controllo è disposto che avvengano attraverso sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.

Spostando invece l’attenzione sul controllo delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, vanno considerate, in prima battuta, le facoltà riconosciute dall’art. 2104 Cod. civ. in materia di direzione e controllo tecnico della prestazione, tanto all’imprenditore, quanto ai suoi collaboratori. Tuttavia, ove ciò non fosse ritenuto sufficiente, il datore di lavoro può appositamente assumere del personale di vigilanza cui affida il compito di controllare lo svolgimento delle attività del lavoratore. Va precisato che è preclusa la possibilità di realizzare questo tipo di controllo in maniera occulta e, infatti, l’art. 3 dello Statuto dei lavoratori prevede l’obbligo di comunicare ai lavoratori resi oggetto dei controlli i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa.

Rispetto all’ultimo aspetto evidenziato, spesso ci si è trovati nella condizione di valutare la legittimità di controlli effettuati di nascosto da parte di investigatori privati, ovviamente assoldati dall’imprenditore. In questo senso i giudici ritengono ammissibile questa forma di attenzione se, nei fatti, l’attività che esercita il personale in incognito non sia diversa da quella che potrebbe realizzare un qualsiasi cliente che si trovi all’interno dell’impresa. In particolare, negli ultimi anni si è diffusa la pratica del c.d. Mistery shopping e service checking che consiste nel reclutamento, da parte degli imprenditori, di finti clienti assoldati con il compito di testare la qualità del servizio offerto al pubblico dai propri dipendenti, anche con lo scopo di valutare in generale la qualità dell’impatto dell’azienda sulla propria clientela. Ovviamente, riprendendo quanto detto sopra, l’attività di questi professionisti dovrà limitarsi a quel genere di controllo che non arrivi a valicare i forti limiti imposti dalla legge e riconfermati dalla giurisprudenza.
Nel prossimo appuntamento proseguiremo l’analisi di questo potere del datore di lavoro attraverso lo studio delle forme di  controllo a distanza realizzate attraverso strumenti tecnologici come telecamere, GPS ecc ecc.

Edoardo Crespi

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