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Ventimiglia Vallecrosia Bordighera | 21 settembre 2016, 17:00

Nimby che idroelettrico

Nimby che idroelettrico

C’è un acronimo inglese che spiega la tendenza delle popolazioni locali a opporsi a progetti di pubblica utilità: Nimby, not in my backyard, cioè “non nel mio cortile”. L’Italia ha un Nimby Forum che ogni anno censisce gli impianti e le infrastrutture che incontrano il malcontento degli abitanti, dalle grandi opere stradali e ferroviarie alle centrali alimentate da combustibili fossili, passando per parchi eolici, installazioni a biomasse/biogas e via discorrendo.

Il Nimby è un fenomeno trasversale, può colpire nelle città come nei borghi dell’entroterra. A Pigna, nelle ultime settimane, non si fa altro che discutere sull’eventuale realizzazione di un impianto micro-idroelettrico da 92 kW sul Rio Carne, pianificato dalla società Remna. Sarebbe un bene o un male? Senza entrare nel dettaglio delle polemiche, mi sento di proporre qualche considerazione.

La prima è che, come spesso avviene in questi casi, le ragioni del sì e del no hanno entrambe qualche parte di verità. Allora bisogna fare la tara alle affermazioni più trancianti. Paventare l’intera distruzione di un ecosistema (i bellissimi laghetti del torrente) mi sembra eccessivo, così come parlare della “desertificazione” di un’area. D’altro canto, mi pare anche ottimistico immaginare che un simile piccolo impianto, da solo, possa rappresentare un autentico salto di qualità nell’approvvigionamento energetico di Pigna.

La seconda considerazione è che il dibattito su questo progetto andrebbe affrontato con maggiore lucidità, coinvolgendo la popolazione fin dal principio e illustrando vantaggi e svantaggi, prescrizioni ambientali della regione, ritorno economico per il comune, benefici per la collettività. Poi è chiaro che la Remna non è un’associazione a scopo benefico: il suo business è investire sulle micro-centrali idroelettriche ottenendo gli incentivi statali per l’energia verde generata.

A Pigna sicuramente c’è stata molta confusione in proposito e anche un pasticcio burocratico. Basta leggere il provvedimento che ordina di rendere disponibili tutti gli atti del contestato progetto, quando ammette che per un “mero errore materiale” erano scaduti i precedenti termini di pubblicazione.

Riserviamoci allora di approfondire bene quali dovrebbero essere le caratteristiche tecniche ed economiche del futuro impianto, cercando però di non perdere quel minimo di fiducia nella cosiddetta “generazione elettrica distribuita” delle piccole installazioni a fonti rinnovabili.

L’ultima considerazione, infatti, è che proprio la generazione distribuita, se ben progettata e realizzata, è una delle chiavi con cui aprire le porte di un futuro meno dipendente dai combustibili fossili. Nelle reti elettriche ci saranno sempre più pannelli fotovoltaici, mini turbine eoliche e altre tecnologie pulite che, nei casi migliori e più fortunati, potranno avvicinare intere comunità all’autoconsumo di energia.

Luca Re

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