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| 14 settembre 2016, 17:00

La terra dei roghi

La terra dei roghi

Che i piromani siano dei “terroristi della natura”, come li ha definiti Giovanni Toti, siamo tutti d’accordo. Allo stesso modo, siamo d’accordo sulla necessità di stabilire pene certe e molto più severe per il reato d’incendio boschivo. Purtroppo, dopo le reazioni indignate di fronte alla distruzione del territorio, rimane una grandissima incertezza su come evitare emergenze di questo genere.

Nelle ultime settimane intere colline si sono infuocate un po’ in tutta la Liguria. Le fiamme, spesso di origine dolosa, hanno divampato in diversi luoghi dell’entroterra imperiese, devastando l’ambiente e minacciando, in alcuni casi, la sicurezza degli abitanti. Secondo i dati diffusi dal Corpo forestale dello Stato, dall’inizio dell’anno alla fine di agosto sono andati in fumo circa 480 ettari di bosco in Liguria, con 134 incendi rilevati. Il bilancio quindi è provvisorio: il verde bruciato sarà molto di più, almeno 800-1.000 ettari da Ponente a Levante.

La nostra finora è la settima regione più incendiata d’Italia nel 2016, quanto a superficie totale colpita dalle fiamme, come testimonia il viavai di elicotteri e Canadair. I problemi sono diversi. Innanzi tutto, salvo colpi di fortuna, è veramente difficile cogliere in flagrante i responsabili dei roghi, siano essi piromani o persone incaute che hanno appiccato un fuoco, perdendone poi il controllo; i piromani, tra l’altro, sono dei lupi solitari, che agiscono senza alcun supporto di organizzazioni criminali. Le attività investigative allora sono tanto complesse quanto sono tortuose le condizioni in cui si deve operare, su terreni impervi, poco accessibili e molto estesi.

Di conseguenza, è altrettanto difficile organizzare un sistema efficiente di prevenzione, se non a fronte di spese molto ingenti, magari istituendo dei presidi permanenti nelle zone più a rischio, almeno nei mesi più caldi e secchi. Il quadro è aggravato da due circostanze, di cui una è prettamente ligure, cioè lo stato di abbandono e incuria in cui versa una fetta sempre più ampia di terreni che una volta erano coltivati o adibiti a pascolo. Una gestione più attenta e coscienziosa del patrimonio forestale (“sostenibile” volendo utilizzare un termine che va di moda) potrebbe certamente contribuire alla prevenzione.

L’altra circostanza aggravante, almeno potenzialmente, è di carattere nazionale, perché riguarda la soppressione del Corpo forestale nel 2017, che sarà assorbito dall’Arma dei Carabinieri. La domanda allora è la seguente: ci saranno risorse sufficienti per contrastare gli incendi, dare la caccia ai piromani, monitorare i boschi? Dovranno pensarci i Vigili del fuoco? Chi dovrà “sporcarsi le scarpe” tra sterpaglie e sentieri? Intanto la Regione sta pensando a una centrale operativa unica di Protezione civile sempre aperta per fronteggiare le emergenze ambientali, roghi compresi. Basterà a fermare i terroristi della natura?

Luca Re

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