- 03 luglio 2016, 09:35

La vera storia di Oscar Rafone: Attrazione e repulsione (cap.19)

Pubblichiamo ogni domenica il libro di Enzo Iorio, suddiviso per capitoli, per offrire a tutti un momento culturale nella 'giornata on line'

La vera storia di Oscar Rafone: Attrazione e repulsione (cap.19)

Io non ero mai stato con una ragazza.

Per il sesso, voglio dire. Be', una volta alle elementari, quando ero fidanzato con Alessia, la mia compagna di banco, io e lei ci chiudemmo nel bagno delle femmine per baciarci e guardarci le parti intime a vicenda, ma la cosa non si realizzò perché quelle impiccione delle sue amiche corsero a chiamare la maestra prima ancora che riuscissimo ad abbassarci le mutandine. Naturalmente io fui sospeso — solo io, perché ero stato sorpreso nel bagno sbagliato, mentre lei si mise a piangere talmente tanto che fu considerata la sola vittima della situazione e la passò liscia. Però litigammo forte e ci sfidanzammo (come dicevamo allora) e da quel momento in poi non trovai più nessuna disposta a studiare un po' di anatomia con me. Perciò quella sera, quando Io e Zamina ci stendemmo sul materasso accanto al camino acceso, io ero più teso dell'arco di Ulisse. Probabilmente non ce n'era bisogno perché lei sembrava fuori controllo a causa del vino e non mi metteva in imbarazzo neanche minimamente. Ero proprio io stesso a essere combattuto. Perché capivo che stava per succedere qualcosa di molto importante per la mia vita e ci tenevo con tutto il mio cuore che ciò accadesse, ma una parte di me — che proprio non riuscivo a zittire — continuava a ripetermi che siccome lei non era completamente in sé non dovevo approfittarne.

Ma che cavolo! La mia prima volta rischiava di essere una piuttosto squallida prima volta o addirittura di non essere per niente la mia prima volta. E quest'ultima ipotesi per me era la peggiore di tutte, non fosse altro perché non avevo più voglia di starmene muto come un cretino quando tra i miei amici si cominciava a parlare di sesso e di posizioni.

"Con chi l'hai fatto, quando, come, quante volte", erano le domande più ricorrenti nelle nostre discussioni e a me mancavano sempre le risposte.

Insomma avrei voluto proprio farlo con tutte le mie forze e quella poteva essere finalmente la volta buona. Il fatto è che lei però era davvero strana. Prima mi abbracciava e mi stringeva come se volesse stritolarmi, un attimo dopo scoppiava a piangere, poi rideva e mi riabbracciava, e a un certo punto sembrava che riuscisse a ridere e a piangere allo stesso tempo mentre mi teneva stretto. E intanto farfugliava della sua famiglia e di suo padre, diceva che non sarebbe tornata mai più da lui perché non la meritava. Ero confuso ed eccitato. Mi colpiva molto che una sola bottiglia di vino era riuscita a trasformare quella che fino a un'ora prima era la ragazza che sembrava un'adulta capace di prendersi cura di me e guidarmi, in una pazza scatenata o, nel migliore dei casi, una bambina stupida e capricciosa. Nei suoi confronti cominciai ad avvertire una sensazione doppia anche fisicamente. Tutto partiva dagli odori. Quando il mio naso affondava nel suo collo e nei suoi capelli, sentivo di nuovo il profumo che mi aveva invaso la notte precedente e provavo ancora una forte attrazione verso di lei e il suo corpo, un'attrazione fisica, intendo, come una forza che mi faceva desiderare di baciarla, di stringerla, di sentirla mia,  come se Zamina fosse la cosa più desiderabile del mondo, e quel momento e quel luogo fossero il mio paradiso. Ma poi appena incontravo la sua bocca e il suo alito fortemente impregnati di vino, era troppo forte la sensazione di disgusto che provavo e all'improvviso mi assaliva l'impulso di svincolarmi dalla sua stretta e lasciarla da sola su quel materasso lercio.

Enzo Iorio

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