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In Breve

| 10 giugno 2016, 17:00

Il profugo Nimby

Accoglienza dei migranti, situazione sempre più difficile a Ventimiglia. Come ci siamo arrivati?

Il profugo Nimby

Era chiaro che prima o dopo ci saremmo arrivati: i ventimigliesi infuriati chiedono la testa del sindaco. Enrico Ioculano rischia di finire alla corda come un pugile suonato. Il motivo è sempre lo stesso, la gestione di migranti e profughi in una situazione d’emergenza che nessuna passerella ministeriale è riuscita a placare. Non c’è piano-Alfano che tenga: le vicende di questi giorni lo testimoniano molto bene. Da un luogo all’altro della città il problema sembra insolubile. Dalla stazione alla foce del fiume, dai ricoveri improvvisati alla chiesa di Sant’Antonio, l’accoglienza dei fuggitivi stranieri ha esacerbato gli animi.

La “soluzione” individuata dall’amministrazione, d’accordo con la prefettura, è sistemare tutti al Palaroja, la palestra del quartiere Roverino che però ha il duplice svantaggio 1) di trovarsi vicinissimo alle scuole e 2) di essere per l’appunto una palestra utilizzata dalle associazioni sportive. Lo scontro tra il sindaco e i cittadini si sta facendo rovente quanto la temperatura registrata questa mattina sotto il tendone che dovrebbe ospitare circa 300 persone (32 gradi). I genitori degli alunni che frequentano le scuole presidiano la palestra, vorrebbero bloccare l’ingresso, hanno un diavolo per capello. Qualche considerazione: sembra scattata una sindrome Nimby in piena regola. Nimby, cioè “not in my backyard”, non nel mio cortile, altrimenti mi arrabbio. Solitamente insorge quando c’è in ballo qualche progetto molto contestato dalla popolazione locale, tipo una discarica o un inceneritore. Qui invece abbiamo degli esseri umani. Nessuno li vuole più. Reazione prevedibile. Perché a un anno di distanza (la crisi era scoppiata la scorsa primavera) le istituzioni centrali si sono rivelate inermi sul fronte organizzativo/burocratico. La sfiducia nella politica sta consumando anche la nostra solidarietà.

Siamo bravissimi a salvare i barconi che affondano ma molto meno efficaci nello svolgere i compiti successivi. Qui nascono le paure odierne dei ventimigliesi. Il Palaroja dovrebbe diventare un centro temporaneo, 15-20 giorni al massimo, dove accogliere per non più di 48 ore i migranti offrendo assistenza umanitaria e sanitaria. Uno degli obiettivi del centro è procedere con le identificazioni, distinguendo così tra chi ha il diritto di chiedere asilo per ottenere lo status di rifugiato e chi, invece, non ha questo diritto e quindi andrebbe allontanato. Venti giorni, 48 ore, identificazioni…e chi non vuole farsi identificare perché vuole tentare di passare la frontiera? Dove li portiamo gli immigrati irregolari? Scaduto il termine che cosa succede: dopo due giorni, ma il proverbio dice tre, l’ospite puzza e va cacciato ma dove? Venti giorni diventeranno un mese, poi due mesi, tre, un anno? Che Alfano dica qualcosa, o si autosospenda anche lui.

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