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| 01 maggio 2016, 07:31

In & Out: da Imperia a Monaco di Baviera, Tel Aviv e Parigi, la storia dell'assiriologo Maurizio Viano

"Imperia è una città che ti illude e ti prende in giro, che ti ammalia facendoti credere di vivere una vita accomodante, fino a quando perdi gli stimoli e non te ne allontani".

In & Out: da Imperia a Monaco di Baviera, Tel Aviv e Parigi, la storia dell'assiriologo Maurizio Viano

Una laurea in lettere classiche, una specializzazione in Assiriologia a Pavia e una serie quasi interminabile di post dottorati in giro per il mondo, tra le università Germania, Israele, Canada, Stati Uniti e Parigi. Da un ragazzo che studia la cultura assiro babilonese fino a farne il proprio lavoro, ci si potrebbe aspettare un vero topo da biblioteca, invece Maurizio Viano di Imperia, è alto, biondo e abbronzato, che non guasta mai. Ecco la sua storia.

Quando hai lasciato Imperia per la prima volta? Dopo il diploma di liceo classico mi sono laureato in lettere classiche presso l'Università di Pavia. Quindi ho iniziato il mio primo dottorato di ricerca a Trieste e in seguito ho lavorato con post dottorati, in varie università del mondo, nel mio ambito di specializzazione l'assiriologia, ovvero la scienza che studia la cultura, la religione la storia e l'archeologia delle civiltà Mesopotamica.

In quali università hai lavorato? Il primo post dottorato l'ho vinto in Germania, a Monaco, dove sono rimasto 6 mesi nel 2008 e quindi altri 6 mesi nel 2012. Successivamente sono arrivato a Toronto, in Canada, dove il contratto era di anno. Stesso periodo anche per il post dottorato successivo, a Tel Aviv in Israele, nel 2014. Successivamente ho trascorso 9 mesi a Parigi ed ora sono ritornato, anche se solo parzialmente, in quanto sto lavorando all'unversità di Torino.

Quale è stata l'esperienza che reputi la migliore e che ricordi come speciale? Sicuramente il mio anno a Tel Aviv è quello che reputo il più bello della mia vita. Una città che non si può immaginare se non viene vissuta: viva, piena di colori, di gente, di tutto tranne che di paura, come si potrebbe essere portati a pensare. Mi sono trovato in Israele tra il 2013 e il 2014, proprio durante uno degli ultimi conflitti. Ricordo che durante i bombardamenti era normale rifugiarsi nei bunker, con magari il bicchiere dell'aperitivo o leggendo il giornale, proprio come si stava facendo nel locale in cui ci si trovava pochi minuti prima dell'allarme. E poi che dire delle donne israeliane? Raramente si incontra un popolo con una bellezza simile!

Pensi di tornare ad Imperia prima o poi? No, se non per qualche giorno durante le vacanze. Imperia è una città che ti illude e ti prende in giro, che ti ammalia facendoti credere di vivere una vita accomodante, fino a quando perdi gli stimoli e non te ne allontani. Da bambino ho vissuto in Iraq e Zaire, con i miei genitori e sono tornato per il liceo, ma la mentalità di questa città non cambierà mai. Credo comunque che sia dura, anche s ela situazione sia paradossalmente diversa, anche nel Nord America. E non sono il solo: il mio professore israeliano, dottorato di Harvard, mi diceva sempre: piuttosto che fare il professore in America mi metterei a vendere felafel.

C'è qualcosa di Imperia che hai esportato nel mondo? Si, il muguno. E' forse la tradizione della città che conosco meglio. Sebbene Imperia abbia innumerevoli potenzialità, le persone si accontentano, credendo di vivere nel posto più bello del mondo perché c'è il sole, il mare e un clima ideale. E' così, ma per quanto mi riguarda, al massimo per 2 o r giorni al massimo.

Non è detto che nascere in una città voglia dire esserne innamorati a prescindere. Ci troviamo spesso incatenati a ricordi, tradizioni, che invece di portarci aventi, ci bloccano. Il rispetto verso le proprie origini è essenziale, tanto quanto lo è evolversi. “Io Mugugno, prima voce del verbo essere di Imperia” diceva qualcuno.







Stefania Orengo

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