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Al Direttore | 07 febbraio 2016, 14:02

La partecipazione dei liguri al processo risorgimentale, il racconto dello storico Pierluigi Casalino

"Il contributo di Genova e delle Riviere all'idea unitaria, prima, dunque, dell'annessione al Regno di Sardegna, fu certamente sensibile..."

La partecipazione dei liguri al processo risorgimentale, il racconto dello storico Pierluigi Casalino

"La partecipazione dei liguri al processo risorgimentale è stato molto importante, vasto e complesso, nonostante la decentrata posizione geografica della regione nel contesto di eventi che si intrecciarono, inizialmente, con istanze sovranazionali legate al periodo napoleonico e a quello successivo della Reazione, conseguente al Congresso di Vienna. Il contributo di Genova e delle Riviere all'idea unitaria, prima, dunque, dell'annessione al Regno di Sardegna, fu certamente sensibile, e, pur nel bene e nel male, la fine dell'indipendenza ligure esaltò la vocazione patriottica di questa gente. Il fatto che Metternich, durante l'assise viennese nel 1814-1815, denunciasse la necessità di 'sottomettere immediatamente Genova (e l'intera Liguria) al buon governo dei reali di Savoia', considerandole 'un centro rivoluzionario al quale teneva pratiche e intelligenze segrete con tutti gli amanti dell' indipendenza italica e delle libere istituzioni', dimostra come nel periodo della dominazione napoleonica non si fosse comunque spento, alimentandosi anzi per mezzo di società segrete, ispirate da quella carboneria che parte rilevante ebbe nella fase d'avvio dei moti nazionali.

Anche a La Spezia, a Savona e nella Rivera di Ponente esistevano centrali attive di patrioti. Il governo piemontese, per punire la città di Porto Maurizio, 'già nido di frammassoni e giacobini, di costituzionalisti, ancora tutta vibrante della propaganda di Filippo Buonarroti' e delle dottrine insegnate nel 'Catechismo su diritti dell'uomo', non la volle accettare come capoluogo del circondario /che comunque dipendeva da Nizza, tornata sabauda dopo l'annessione francese), le tolse il Tribunale di commercio, trasferito ad Oneglia, e, nel 1818, la privò della scuola di filosofia diretta dal profugo napoletano Michele de Tommaso che, dopo il 1821, venne costretto all'esilio. Prima dell'incorporazione della Liguria nello stato piemontese, il savonese Benedetto Boselli aveva pubblicato a Parigi la Nota di un italiano agli alti principi alleati sulla necessità di una Lega italiana per la pace in Europa, sostenendovi la tesi dell'indipendenza ligure in funzione di quella d'Italia. Felice, per quanto animata da opposte considerazioni, fu la riflessione di Antonio Brignole Sale, il quale, cercando di intimorire l'Austria, paventava che l'annessione ligure alla Savoia avrebbe gettato le basi di un nuovo stato capace di riportare in gioco la Francia, che, al fine di evitare una nuova espansione austriaca, sarebbe stata disponibile ad aiutare tale nuova entità statale in vista di ulteriori suoi progressi territoriali nel resto della Penisola.

Lo stesso Sale, d'altra parte ligure fino al midollo, consapevole - e comunque non condividendoli, dei futuri sviluppi unitari, aveva chiesto, senza esito, al Congresso di Vienna che venisse riconosciuta per la Liguria una costituzionale speciale. A Torino, caduto Napoleone, peraltro, non si pensava ai diritti dei popoli, ma piuttosto a compilare liste contenenti 'informazioni di polizia sull'ambiente genovese e delle due riviere'. Forse tali liste vennero redatte in base alle reazioni liguri di fronte al ritorno a sorpresa di Napoleone a Parigi e guardando all'atteggiamento assunto da cittadini sospetti - da Nizza ai confini toscani - nei 'cento giorni' che si conclusero con la disfatta di Waterloo. D'altronde, tuttavia, va detto che già durante l'impero napoleonico, la speranza di una Liguria indipendente (ma anche di un'Italia indipendente) era stata vanificata dalla francesizzazione forzata delle istituzioni locali, oltre che dalla marginalizzazione della lingua italiana che avrebbe fatto da collante al processo risorgimentale. Circostanza, questa, che, in occasione del mercanteggio sabaudo di Nizza, sarebbe emerso con tutta la sua attualità, così come trovò  puntuale conferma la profezia del Sale sull'alleanza franco-piemontese sulla base di reciproci interessi di potenza, che, in seguito, si rivelarono fallaci (questione tunisina e riavvicinamento italiano agli imperi centrali).

E ciò a danno della composizione territoriale della Liguria di Ponente, in particolare, con lo smembramento della provincia di Nizza, la nascita di quella di Porto Maurizio, che ebbe la meglio su Sanremo (per ragioni meramente di troppo vicina collocazione geopolitica rispetto al confine italo-francese) e l'avvio tormentato dell'esodo nizzardo verso i centri della Riviera ligure, dello stesso Piemonte e anche verso altre località della nascente Italia.

Pierluigi Casalino".

Redazione

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