ELEZIONI COMUNE DI SANREMO
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Sanremo Ospedaletti | 11 settembre 2015, 07:44

La terza puntata del racconto dello storico sanremese Andrea Gandolfo sulla Sanremo dell'Ottocento

Ecco l’avvincente storia di tale importante quindicennio di vita politica, sociale ed economica matuziana nel pieno di quel processo storico nazionale, meglio noto come “Risorgimento italiano”.

Proseguendo nella sua narrazione della storia di Sanremo nel corso dell’Ottocento, il sanremese Andrea Gandolfo propone la terza puntata del racconto sulle vicende storiche cittadine dalla rielezione di Siro Andrea Carli a sindaco, nel 1838, all’inaugurazione dell’Asilo infantile, nel 1853. Ecco l’avvincente storia di tale importante quindicennio di vita politica, sociale ed economica matuziana nel pieno di quel processo storico nazionale, meglio noto come “Risorgimento italiano”.

Nel 1838 Siro Andrea Carli, appena rieletto sindaco della città, spostò il cimitero suburbano dal centro cittadino (nei pressi della foce del torrente San Romolo), ad un'area situata nel quartiere della Foce, nelle vicinanze della foce del torrente San Bernardo, allo scopo di purgare il centro della città da una fonte di miasmi pestilenziali. Cinque anni dopo, nel 1843, Carli, prossimo ormai alla scadenza del suo secondo mandato, diede anche inizio alla costruzione di una nuova importante e centrale arteria cittadina, che, chiamata allora traversa spaziosa, venne poi indicata con il nome di Strada Nuova, fino a quando non fu poi intitolata a Vittorio Emanuele II e, in tempi recenti, a Giacomo Matteotti. Il tracciato della nuova strada venne poi completato dal lato orientale nel 1846 dal conte Stefano Roverizio, subentrato nel 1844 a Carli nella carica di sindaco. Il nuovo capo dell'Amministrazione Comunale sanremese era molto noto per essere un cittadino di mente operosa, di specchiata onestà e particolarmente energico nel far rispettare i diritti della sua città. Il conte Roverizio intrecciò inoltre agli impegni pubblici un'intensa attività pubblicistica sui principali problemi politici, amministrativi ed economici del circondario di Sanremo e della zona limitrofa, distinguendosi per la notevole indipendenza di giudizio e la penetrante analisi degli avvenimenti. In seguito venne anche eletto deputato al Parlamento Subalpino, dove ancora una volta diede prova delle sue notevoli qualità politiche e morali. Nelle sue funzioni di sindaco di Sanremo, Roverizio si dimostrò inoltre immune da favoritismi e desideri di rivalsa verso quelli che lo avevano contrastato, anteponendo sempre l'interesse della collettività a quelli personali. Nel corso del suo mandato, che si svolse a più riprese tra il 1844 e il 1878, il sindaco Roverizio si fece anche promotore di una serie di rilevanti opere pubbliche, quali il riordinamento di quello che allora si chiamava Corso Marina (nei pressi del porto), la costruzione della strada consorziale da Sanremo a Ceriana, la sistemazione della strada carrozzabile da Poggio alla Madonna della Guardia, e in particolare Corso Imperatrice con i suoi giardini, e l'apertura di una strada, detta poi Privata Roverizio, realizzata di sua privata iniziativa, collegante i giardini dell'odierno Castello Marsaglia con la zona collinare del Berigo e lasciata poi dal sindaco al libero utilizzo della cittadinanza.

I moti rivoluzionari scoppiati negli Stati italiani nel corso del 1848 investirono anche Sanremo, dove operavano diversi esponenti liberali e democratici. I primi a fare le spese dell'ondata rivoluzionaria furono i Gesuiti, contro i quali venne organizzata una dimostrazione popolare, capeggiata dal genovese Vignolo, impiegato presso la Dogana di Sanremo, il 1° e 2 marzo 1848. Le locali autorità di polizia, però, conoscendo i sentimenti filogesuitici del governatore di Nizza, generale De Sonnaz, provvidero ad allontanare immediatamente dalla città Vignolo (3 marzo); dopo la partenza del capo della rivolta, parve che la calma fosse tornata a regnare, anche perché, da parte loro, i Gesuiti sembravano disposti ad abbandonare volontariamente la città. Ma il 4 marzo, quando si diffuse la notizia che i Gesuiti erano decisi a restare, si acuì improvvisamente il malcontento del popolo, già irritato per l'allontanamento di Vignolo. Il sindaco Roverizio adottò allora una serie di misure di sicurezza facendo raddoppiare la guardia e disponendo che i soldati del locale presidio militare rimanessero in caserma pronti ad intervenire in qualsiasi momento. Nella notte del 5 marzo accadde però un fatto che fece precipitare la situazione: alcuni cittadini affissero sull'Albo pretorio comunale un proclama contro i Gesuiti, accusati di fare propaganda, soprattutto tramite la confessione. Dopo questa ennesima azione intimidatoria, alcuni padri decisero di andarsene volontariamente, mentre altri vollero ancora restare, mentre le autorità comunali, non potendo impedire qualche manifestazione antigesuitica proprio davanti alla chiesa di Santo Stefano, ordinavano lo stesso 5 marzo lo sgombero degli ultimi padri rimasti in sede. Le chiavi del convento vennero allora consegnate al sindaco, mentre quelle della chiesa furono affidate al canonico Angelo Rodi. Ma la popolazione inveiva ancora contro gli odiati Gesuiti: il divieto imposto dalle autorità di portare maschere per il carnevale rappresentò un'occasione per inscenare delle manifestazioni contro i Gesuiti. In seguito alla loro cacciata da Sanremo, il governo provvide anche all'incameramento dei beni mobili e immobili appartenenti ai Gesuiti, dati in amministrazione governativa con un decreto del 25 agosto 1848. Dopo una lunga serie di vicissitudini, i Gesuiti avrebbero fatto provvisoriamente ritorno nella chiesa di Santo Stefano, eretta a parrocchia nel 1888, soltanto nel 1907, stanziandovisi poi in via definitiva a partire dal 1927, quando ricominciarono a svolgere un'intensa attività pastorale presso la comunità sanremese, poi proseguita dai loro successori fino ai giorni nostri.

Nel 1848 a Sanremo il gruppo più consistente dei patrioti di tendenza democratica e costituzionale faceva capo a don Antonio Massabò, un prete avvocato fondatore del Circolo democratico e direttore del primo giornale pubblicato nella provincia di Sanremo dopo l'emanazione della legge sulla stampa, «Il Ligure Popolare», il cui primo numero, che conteneva il programma del periodico, destinato a uscire con cadenza bisettimanale, venne dato alle stampe il 27 giugno del '48. «Il Ligure Popolare» era sostanzialmente un organo di stampa che si proponeva di interpretare con acume e intelligenza lo spirito dei nuovi tempi costituzionali, conciliando le aspirazioni democratiche con una marcata linea moderata, sensibile alle richieste di indipendenza politica nell'ambito della più generale tendenza ad educare il popolo alle nuove istanze liberali e costituzionali. Il foglio sanremese, che si era schierato apertamente a favore della guerra contro l'Austria, criticò aspramente l'armistizio di Salasco, considerato un vero e proprio tradimento. In seguito il giornale diretto da don Massabò auspicò un intervento della Francia a fianco del Piemonte, la cui sconfitta avrebbe rappresentato anche quella delle sue giovani e libere istituzioni. Nell'autunno del 1848 «Il Ligure Popolare», che aveva sposato la linea giobertiana e antimunicipalistica, propugnò dalle sue colonne la necessità inderogabile di convocare una Costituente che desse un'impronta autenticamente italiana e nazionale alla ormai imminente ripresa del conflitto contro l'Austria. Pochi mesi dopo, la pesante sconfitta subita dall'esercito piemontese a Novara indusse don Massabò a sospendere definitivamente le pubblicazioni del «Ligure Popolare», che rappresentò tuttavia il primo giornale politico indipendente sanremese sostenitore convinto di quegli ideali liberali e democratici, che avrebbero avuto un ruolo rilevante nella prosecuzione del processo risorgimentale italiano.

A Sanremo il 1848 registrò anche la visita di Garibaldi, che, reduce da una serie di sfortunate campagne militari in Lombardia, giunse il 26 settembre nella città matuziana, dove prese alloggio presso l'albergo della Palma. Appena si sparse la notizia della presenza in città del generale nizzardo, le più importanti personalità cittadine si recarono all'albergo della Palma per ossequiare l'illustre ospite. Tra queste vi erano il sindaco Stefano Roverizio, il comandante militare della provincia di Sanremo Michele Craveri, il capitano del porto Sartoris, il maggiore di piazza Baglioni, il capitano Angelo Pesante, amico fraterno di Garibaldi, e gli avvocati Massabò e Ameglio. Intanto una grande folla si era radunata sotto l'albergo per rendere omaggio al generale, che si affacciò al balcone per ringraziare tutti i presenti. Durante il trasferimento in Via Gaudio presso la casa del capitano Pesante, Garibaldi fu nuovamente applaudito a lungo dalla folla. Al portone dell'abitazione di Pesante, per ordine del sindaco Roverizio, venne mandato un picchetto della Guardia Nazionale, formato da ventiquattro militi e comandato dal tenente Giambattista Gerbolini, che vi sostò per tutta la notte successiva. Alle nove di sera la banda civica si recò sotto la finestra dove alloggiava il generale intonando una serenata in suo onore; poco dopo Garibaldi, affacciatosi al balcone, parlò brevemente alla folla, che inneggiava a lui, a Carlo Alberto e a Pio IX, per esortarla a combattere per la causa dell'indipendenza e dell'unità italiana. Il giorno dopo il sindaco e la milizia comunale offrirono un pranzo all'albergo della Palma per festeggiare degnamente la presenza in città del generale nizzardo, che fu omaggiato tra gli altri dal patriota Giuseppe Bianchi. Alle due del pomeriggio, Garibaldi lasciò quindi Sanremo per proseguire il suo viaggio verso Genova. Oltre a questa visita del settembre 1848, il generale ritornò brevemente nella città matuziana anche il 18 novembre 1859, pochi giorni dopo aver dato le dimissioni da comandante in seconda delle truppe dell'esercito della Lega dell'Italia Centrale e da comandante dell'undicesima divisione toscana. I legami di particolare affetto che univano il condottiero nizzardo a Sanremo furono infine ribaditi dal conferimento a Garibaldi della cittadinanza onoraria sanremese, decretata dal Consiglio Comunale il 6 aprile 1860 in concomitanza con la cessione di Nizza alla Francia. Anche dopo il ritiro a Caprera, Garibaldi serberà sempre un caro ricordo di Sanremo e dei suoi abitanti, come è chiaramente testimoniato dalle lettere che egli scrisse negli anni Settanta alla locale Società Operaia di Mutuo Soccorso, di cui venne eletto presidente onorario nel 1861, e ad alcuni suoi conoscenti residenti nella città matuziana.

Nel 1849 venne eletto sindaco di Sanremo per la sesta volta Siro Andrea Carli, che ricoprì per un anno la carica di primo cittadino svolgendo un'intensa attività a favore della città. In seguito Carli continuò a lavorare alacremente in qualità di consigliere nelle Commissioni provinciali dell'Istruzione e della Sanità; nello stesso periodo il medico sanremese ricopriva anche l'incarico di revisore dei conti nei locali istituti di carità. Abbandonata la vita politica, Carli si ritirò infine a vita privata nella sua villa situata nel quartiere occidentale della città, dove l'11 marzo 1857 morì per un attacco di asma. Ai suoi funerali, riusciti imponenti, parteciparono tutti i membri del Municipio e una folla immensa. Nel 1867 l'Amministrazione Comunale decise di intitolargli una strada ed erigergli una statua, attualmente collocata in Piazza Eroi Sanremesi. Successore di Carli alla guida del Comune venne nominato nel 1850 per la seconda volta il conte Stefano Roverizio, che mantenne la carica di sindaco fino al 1855. Durante il secondo mandato di Roverizio venne fondata la Società Operaia di Mutuo Soccorso, la cui seduta inaugurale fu tenuta il 14 dicembre 1851. In questa occasione i promotori del nuovo sodalizio, tra i quali vi erano l'avvocato Antonio Corrado, il professore di filosofia al liceo don Luigi Bassini, don Massabò, Gio Bernardo Calvino e il geometra Bottini, elessero un ufficio provvisorio, composto da un presidente, un vicepresidente e un segretario, che avrebbe avuto il compito di presiedere alle adunanze e di preparare un Progetto di costituzione sociale, poi approvato dai membri della Società nella seduta del 26 dicembre 1851. Il 1° gennaio 1852 si provvide infine all'elezione del geometra Bottini a presidente provvisorio del sodalizio, alla nomina delle altre cariche sociali e all'approvazione dei rimanenti articoli dello Statuto Sociale, che venne allora sottoposto alla ratifica dell'Autorità comunale. Il 28 febbraio il sindaco Roverizio trasmise quindi al direttore della Società la sospirata autorizzazione del Comune all'istituzione del nuovo sodalizio, che venne solennemente inaugurato il successivo 7 marzo con una cerimonia a cui parteciparono il sindaco, numerosi consiglieri comunali e un folto pubblico.

La Società ebbe quindi un rapido sviluppo tanto che il numero degli iscritti passò dai 116 dell'aprile 1852 ai 200 di alcuni mesi più tardi. Nel corso delle sedute i membri del sodalizio discutevano della situazione finanziaria e dei problemi amministrativi della comunità, nonché delle condizioni dei soci ammalati. Si decise anche di intervenire nel settore dell'istruzione operaia con l'intento di istituire una scuola serale di aritmetica e geometria e un corso di agricoltura per gli affiliati all'associazione. Nel maggio 1852 la Società sanremese aderì all'invito della società consorella di Torino di aderire ad un Patto federativo di tutte le società del Regno, disponendo la partecipazione alla riunione preparatoria di alcuni suoi soci, tra i quali il vicepresidente don Luigi Bassini. La successiva vittoria della corrente moderata e il graduale allontanamento dei mazziniani (anche don Bassini venne sostituito), coincisero però con una grave crisi finanziaria della Società,  che, già nei primi mesi del 1853, fu costretta a sospendere il pagamento dei sussidi per malattia. Nella seduta del 3 aprile del '53 venne infine alla luce che quasi tutti i soci erano in ritardo nel pagamento della quota associativa e che dai registri di cassa risultava quasi completamente esaurito il denaro raccolto dagli stessi soci. Di fatto la seduta del 3 aprile 1853 sancì lo scioglimento della Società, che tuttavia venne ricostituita il 1° agosto 1861 con il nuovo nome di Società di Mutuo Soccorso ed Istruzione fra gli Operai di Sanremo; la nuova Società, ispirata a un indirizzo moderato, si diede uno Statuto che innovò soprattutto l'aspetto della gestione finanziaria del sodalizio tramite l'inserimento di articoli che tutelassero maggiormente la Società dai rischi di un altro dissesto economico. Negli anni successivi la Società di Mutuo Soccorso, che continuava ad operare attivamente nel campo assistenziale, si interessò soprattutto dell'istruzione popolare, facendosi promotrice della fondazione delle Scuole serali della Società operaia, istituite il 6 settembre 1863 con l'accettazione della proposta del professor Francesco Margotti di aprire una scuola gratuita per tutti i soci e quindi ufficialmente inaugurate il 20 novembre 1864 alla presenza delle autorità cittadine e del corpo degli insegnanti.

La Società Operaia di Mutuo Soccorso si fece anche promotrice, in collaborazione con l'Amministrazione Comunale, della fondazione del primo Asilo infantile di Sanremo nel 1853. La prima idea di istituire una scuola infantile nella città matuziana era peraltro già stata prospettata dall'intendente di Nizza De Candia con una circolare inviata a tutti i sindaci della provincia il 13 novembre 1849. Accogliendo la richiesta dell'intendente, il Consiglio Comunale di Sanremo deliberò il 20 novembre successivo di nominare un'apposita Commissione che si occupasse di sondare il terreno in vista dell'istituzione della scuola, compilandone il regolamento e provvedendo alla raccolta di offerte volontarie presso le famiglie più abbienti. Furono quindi chiamati a far parte della Commissione il cavalier Rambaldi Merani, che avrebbe poi ricoperto la carica di sindaco dal 25 gennaio 1850 al 27 luglio dello stesso anno, in qualità di presidente, l'economo parrocchiale, Vincenzo Manuel Gismondi, Francesco Margotti, Francesco Sapia, gli avvocati Giovan Battista Grossi, Bernardo Bonfante e Giuseppe Ameglio, il marchese Borea d'Olmo, il conte Roverizio e il dottor Siro Andrea Carli. Nell'adunanza del 29 novembre il sindaco propose di mettere in bilancio un contributo per le spese di impianto della scuola; subito dopo il Consiglio decise di stanziare la somma di 300 lire fra le spese straordinarie del bilancio 1850 per concorrere all'istituzione dell'Asilo. Due settimane dopo la Commissione provvisoria presentò il Regolamento per le Scuole Infantili in Sanremo, che, redatto il 15 dicembre 1849, venne definitivamente approvato con decreto del 14 febbraio 1850, il quale autorizzava il Comune ad istituire un Asilo d'Infanzia nella città matuziana. Nel frattempo il sindaco aveva inviato il 10 gennaio alle famiglie più agiate il Programma per l'Associazione alla Pia Opera dell'Asilo Infantile nella Città di Sanremo, allo scopo di invitare i maggiori possidenti della città a contribuire alle spese necessarie ad istituire la nuova scuola, per cui era indispensabile un fondo di base di almeno 2000 lire. In seguito però la pratica per istituire l'Asilo infantile si arenò per due anni fino a quando non intervenne la neocostituita Società di Mutuo Soccorso, che, l'11 febbraio 1852, prese autonomamente l'iniziativa di istituire un Asilo per l'infanzia, avviando immediatamente la raccolta di fondi tra i propri soci, che in breve tempo raggiunse la somma di 60 lire e 70 centesimi. Il 13 febbraio il Direttorio della Società diede comunicazione di questa sottoscrizione al sindaco, che il 12 giugno propose al Consiglio, che approvò, di ridurre a un terzo i membri della Commissione istituita per la raccolta dei fondi necessari alla fondazione della scuola infantile.

Il 18 settembre intervenne anche l'intendente De Candia, che sollecitò il sindaco a riunire nuovamente i membri della Commissione allo scopo di accelerare i tempi di fondazione della nuova scuola. L'8 ottobre si rifece viva la Società di Mutuo Soccorso, che chiese al sindaco il permesso di contribuire alle spese per l'Asilo con una speciale sottoscrizione promossa tra i soci del sodalizio. Il giorno successivo il sindaco informò quindi di questa iniziativa la Commissione provvisoria, che l'approvò immediatamente. Il 22 novembre 1852, discutendosi il bilancio comunale per il 1853, avvenne una svolta importante: informato da un consigliere che la somma raccolta fino a quel momento ammontava a 1500 lire e che ne erano necessarie almeno altre 1000, il Consiglio deliberò di stanziare questa somma in via provvisoria e a titolo di sussidio per l'istituzione dell'Asilo. L'indomani il Consiglio autorizzò il sindaco Roverizio a provvedere senza indugio all'immediata attuazione della pia opera dell'Asilo infantile. Rimaneva tuttavia ancora sul tappeto il problema di trovare dei locali adatti ad accogliere la nuova scuola; l'ostacolo venne brillantemente superato nella seduta del Consiglio Comunale del 23 gennaio 1853, quando fu stabilito di allogare l'Asilo nei due ampi saloni situati al secondo piano del Collegio Gesuitico. Superate le ultime difficoltà burocratiche, il nuovo istituto scolastico venne aperto nel mese di settembre e infine solennemente inaugurato il 28 dicembre 1853. Negli anni successivi l'Asilo Infantile continuò a svolgere la sua benefica attività sorreggendosi non solo sui contributi del Comune e dei cittadini, ma anche su quelli elargiti dalla Diocesi di Ventimiglia e dall'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, oltreché sui proventi delle pene pecuniarie pronunciate dall'Autorità giudiziaria per violazione ai Regolamenti di polizia urbana e rurale e dai Consigli di disciplina della Milizia Nazionale. Un'altra scuola infantile sarebbe stata quindi istituita diversi anni dopo per volontà del dottor Francesco Corradi, che aveva lasciato un'ingente somma di denaro da destinarsi all'erezione di un nuovo Asilo, che venne poi chiamato Corradi in onore del suo fondatore; l'Asilo Corradi, autorizzato con regio decreto del 2 aprile 1866 e inaugurato il 28 dicembre 1870 alla presenza del sindaco Giuseppe Corradi e delle altre autorità cittadine, iniziò ufficialmente la sua attività didattica il 3 ottobre dello stesso anno.

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