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Al Direttore | 20 dicembre 2014, 10:58

Sanremo e il Festival: il ricordo nostalgico di quegli anni del nostro lettore Pierluigi Casalino

Quando cominciò il Festival non si rifaceva il verso a qualcuno o a qualcosa, almeno non a qualcuno o a qualcosa che fosse immediatamente riconoscibile. Non era critica di costume quella che si faceva con le canzonette, ma un modo per evadere e sognare.

Sanremo e il Festival: il ricordo nostalgico di quegli anni del nostro lettore Pierluigi Casalino

Il nostro lettore Pierluigi Casalino ci racconta gli anni in cui a Sanremo nacque il Festival della Canzone Italiana: 

"Quando ancora le ferite della guerra erano aperte, Sanremo aprì la sua stagione del Festival, e dei suoi eventi, da quelli sportivi a quelli mondani. Si era in un frangente in cui non c'era ancora del tutto motivo di ridere, o meglio di sorridere. Un Presidente della Repubblica si rivoltava il cappotto, in quegli anni, per mostrarlo più decente. Chissà poi perché si ricominciò a ridere? Tra le tante occasioni per ridere del nostro costume nazionale e celebrarne la musicalità, si scelse Sanremo. E chissà che non se ne capisca qualcosa anche oggi in tempo di crisi. A guardarsi intorno, c'è di nuovo davvero poco da ridere. Ci sono state epoche in cui siamo stati trattati peggio. Ma la cronaca non smette di darci grattacapi, per dirla eufemisticamente.

Ci manca invece un qualcosa, anche non grande come l'originalità di allora, ma almeno della sua stessa pasta ricca di speranza. Quando cominciò il Festival non si rifaceva il verso a qualcuno o a qualcosa, almeno non a qualcuno o a qualcosa che fosse immediatamente riconoscibile. Non era critica di costume quella che si faceva con le canzonette, ma un modo per evadere e sognare. E infatti poi arrivò Mister Volare. Piuttosto, il Festival attirava da subito verso di sé gli sguardi, anche se il mezzo televisivo non c'era e le note e le voci arrivavano sull'onda della radio: tale richiamo giungeva con mossa improvvisa, costringeva piacevolmente la gente ad un atteggiamento nuovo, funambolico. Ognuno si scopriva, nell'Italia di allora, d'accordo, nonostante le tensioni della politica e della situazione internazionale, oltre che della miseria in larga misura imperante. Sanremo con la brillantezza dei suoi colori, la forza di una visione mistica e forse infantile della realtà facevano il resto.

Abbiamo adesso un'altra Sanremo, un'altra Italia, magari con lo stesso sole, dopo l'interminabile maratona della pioggia, Si vede la stessa gente, tanta gente: molti si fermano e si perdono con lo sguardo nelle vetrine e si tratta di volti pescati un po' in giro nel mondo (come sempre a Sanremo), anche se pochi entrano e comprano, magari rinviando l'azione solo di qualche ora o giorno, ma non si sa.

E del resto la voglia di spendere fa fatica a tornare, anche chi può pare frenato, manca ancora quella fiducia contagiosa che solo la sicurezza del lavoro e la serietà degli esempi possono restituirci. Non certo i cappotti rivoltati, ma la capacità di rimettersi in gioco nel modo in cui l'Italia anche con l'invenzione del Festival riuscì a fare. Persino il meteo se ne è accorto e fa sempre di più i capricci. Ma Sanremo sa che non può perdere questa scommessa nel tempo che sarà."

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