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Al Direttore | 16 dicembre 2014, 12:01

Ventimiglia: croce di ferro in piazza Colletta nella città alta, la lettera 'aperta' al Sindaco

E' stata inviata da un nostro lettore di Torino che ha anche una casa nella città di confine.

Ventimiglia: croce di ferro in piazza Colletta nella città alta, la lettera 'aperta' al Sindaco

Un nostro lettore, Roberto Amico, di Torino ma che ha anche un appartamento a Ventimiglia, ha scritto una 'lettera aperta' al sindaco della città di confine, relativa alla croce in ferro posizionata nel nuovo uliveto di piazza colletta a Ventimiglia Alta:

"Vivo a Torino, ma vengo spesso a Ventimiglia alta dove dispongo di un piccolo monolocale in piazza Colletta. Nel corso di questi ultimi anni ho avuto modo di vedere come, con gran dispendio di soldi e fatica, il vecchio borgo, storicamente importantissimo, ha riacquistato dignità e visibilità. Certo, recuperare un territorio abbandonato a se stesso per più di 50 anni non è stato facile, e molto va ancora fatto per recuperare anche la coscienza civile di chi vi abita tutto l’anno, disabituato ormai al rispetto delle regole di convivenza sociale. E, se per il recupero dei beni materiali basta investire denaro e fatica per quelli sociali ci vorrà anche tempo. Ma siete sicuramente sulla strada giusta e avete tutta la nostra approvazione e il nostro appoggio. L’ultima volta che sono stato a Ventimiglia alta però ho notato una cosa che mi ha stupito proprio perché non in linea con lo spirito del lavoro che state facendo, ed è la croce in ferro posizionata al belvedere di piazza Colletta, nel nuovo uliveto. Due sono i motivi che disturbano la vista. Il primo, e non c’è bisogno di spiegarlo, è la bruttezza del manufatto: anche volendo esprimere il concetto di povertà materiale che dovrebbe caratterizzare la Chiesa (?), si sarebbe potuto fare in modi più gradevoli piuttosto che con due IPE saldate e verniciate. Ma ciò che ferisce di più è la simbologia dell’oggetto su un terreno di proprietà comunale, quindi di tutti, credenti e non. Sono della classe 1951 e quindi conosco bene l’ingerenza della Chiesa negli affari dello Stato e la sopportazione con cui i laici devono rispondere alla prepotenza dei credenti, ma ora siamo nel 2014 e abbiamo perfino un papa dal volto umano: possibile che dobbiamo ancora chinare la testa? Senza nulla togliere al lavoro che don Luca sta facendo per il borgo (sono un assiduo frequentatore dei concerti che organizza in cattedrale), Le ricordo che la Chiesa prende i soldi dell’otto per mille e ha svariate e infinite agevolazioni fiscali, quindi non le dobbiamo nessun favore e nessun ringraziamento, anzi se mai lo Stato ci deve spiegare perché delega la Chiesa Cattolica, pagando caro e salato, a fare cose che dovrebbe e potrebbe fare lui (anche meglio e con meno soldi), oltretutto dando lavoro anche a chi non è credente o affiliato a qualche parrocchia. Non Le chiedo una risposta a questa mia, ma una riflessione e un po’ di coraggio: spiace pensare che i suoi nipoti saranno costretti a subire le stesse prepotenze e a rifare le stesse (inutili) lotte contro l’ingerenza ecclesiastica negli affari istituzionali che abbiamo fatto noi. Vogliamo pensare che dal Medioevo non se ne uscirà mai?"

Carlo Alessi

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