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Attualità | 27 agosto 2014, 14:08

Ventimiglia: 'Coltivare per coltivarci', il laboratorio didattico delle scuole medie di Roverino 'L’orto a scuola'

"I ragazzi hanno vissuto con piacere la possibilità di operare all’aperto, serenamente e in libertà, hanno apprezzato i risultati e riconsiderato la fatica come dato di valore"

Ventimiglia: 'Coltivare per coltivarci', il laboratorio didattico delle scuole medie di Roverino 'L’orto a scuola'

"La creatività e la capacità di cercare modi efficaci per far fronte alle necessità dei ragazzi sono, forse, gli aspetti più belli e interessanti del mestiere di insegnante. Al di là della burocrazia e delle scartoffie, che troppo spesso ci soffocano, tutti i giorni siamo chiamati a metterci in gioco in una realtà sempre più complessa, che richiede metodi diversificati per affrontare le esigenze più varie. Proprio in questa linea di ricerca e sperimentazione, abbiamo inserito nelle medie di Roverino dell’IC2 ‘Cavour’diretto dalla dott.ssa Antonella Costanza, tra i laboratori del mercoledì pomeriggio, un ‘orto didattico’.

Ricordate quando si sentiva dire ‘è meglio che vada a zappare la terra’ riferendosi a qualche ragazzo che aveva risultati scolastici scarsi? Non c’è niente di più sciocco: nel ‘fare orto’ possiamo trovare una valenza formativa che può rappresentare una strada di crescita e miglioramento continui, sia a livello personale sia a livello sociale.

Intanto si tratta di accogliere nell’oggi un’attività che è molto antica e porta con sé saperi preziosi, poi è una straordinaria occasione per combinare insieme il sapere e il fare, insomma è una didattica del ‘coltivare per coltivarci’, che rompe le barriere tra scuola in aula e scuola di vita.

Infatti i nostri allievi ortolani hanno dovuto misurarsi con conoscenze di scienze (influenza della luna, meteorologia, alimentazione, parassiti, compost), matematica (calcolo e misurazione sono essenziali nella gestione dell’orto), problematiche dell’attualità (prodotti chimici o naturali, inquinamento e eco-sostenibilità, uso consapevole dell’acqua). In più, i ragazzi hanno dovuto applicare questi saperi, misurandosi con la fatica e la difficoltà di attuare quello che si era progettato, usando mani e cervello come troppo spesso non si riesce a fare in classe. In effetti, la formazione più significativa della persona avviene grazie all’incontro del sapere con il fare, perché è il momento in cui si comprende la forza della conoscenza che, unita alle abilità e capacità, ci aiuta a risolvere i problemi della vita di tutti i giorni.

I nostri ragazzi sono abilissimi nel mondo virtuale, si muovono con scioltezza nell’uso di computer e cellulari, spesso tuttavia, non hanno mai piantato un chiodo o trapiantato un’insalata, non sanno il percorso che dalla terra porta il cibo ai loro piatti: in sostanza sanno pochissimo proprio di quello che è essenziale per la sopravvivenza.

Nell’orto si imparano anche altre dimensioni, che la nostra società sta dimenticando: osservare attentamente, pazientare, provare e riprovare, faticare e, soprattutto condividere equamente lavoro e prodotto. Un po’ di sana opposizione alle solite dinamiche della nostra quotidianità che è sempre dominata dalla scelta rapida senza osservazione, dall’impazienza, dalla velocità, dall’egoismo.

Nel corso di tutto l’anno, durante i mercoledì pomeriggio, il gruppo dell’orto si è recato presso la scuola dell’infanzia dove è stato messo a disposizione un piccolo appezzamento ritagliato nel giardino. Lì, attuando un approccio che potrebbe divenire una bella forma di ‘continuità’ abbiamo lavorato in collaborazione con le maestre dell’infanzia, che hanno anche partecipato con attività adatte ai bimbi più piccoli (aiuole dei fiori e delle fragole).

Abbiamo mappato e recintato lo spazio, progettato e realizzato aiuole, compostiera, casetta per gli uccellini e spaventapasseri e, ovviamente, seminato all’aperto o in vasi curati in classe durante il periodo freddo, varie specie adatte al nostro orticello (fave, carote, aglio, pomodori, bietole) poi gustate a volte direttamente appena raccolte.

Nel suo piccolo, e nata come semplice sperimentazione, l’esperienza è stata molto positiva, i ragazzi hanno vissuto con piacere la possibilità di operare all’aperto, serenamente e in libertà, hanno apprezzato i risultati e riconsiderato la fatica come dato di valore e ogni attuazione concreta è stata fonte di soddisfazione.

Debora Roncari".

C.S.

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