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Al Direttore | 23 luglio 2014, 10:37

Il saggio sull'occupazione italiana di Mentone del sanremese Andrea Gandolfo di prossima pubblicazione

Ttratta il periodo finale della nostra occupazione fino alla ritirata delle truppe italiane dalla cittadina della Costa Azzurra nel settembre del 1943.

Il saggio sull'occupazione italiana di Mentone del sanremese Andrea Gandolfo di prossima pubblicazione

Il nostro lettore di Sanremo, Andrea Gandolfo, ci ha inviato l’ultima parte del suo saggio sull’occupazione italiana di Mentone, di prossima pubblicazione su un rivista scientifica di Cuneo, che tratta il periodo finale della nostra occupazione fino alla ritirata delle truppe italiane dalla cittadina della Costa Azzurra nel settembre del 1943:

Tra l’inverno del 1941 e la primavera del 1942 sarebbero stati aperti a Mentone 17 nuovi alberghi con 690 posti letto e 472 camere. Per rafforzare ulteriormente il settore turistico era stato anche varato un apposito Ufficio del Turismo. Nell’aprile 1942 era stato inoltre istituito l’Ente Turismo Costa Azzurra, seguito, nel mese di giugno, da un’agenzia della Compagnia italiana per il Turismo e da una vetrina pubblicitaria esposta a Torino. Sempre per conferire nuovo smalto all’immagine turistica della città venne anche organizzata, presso il Casinò Municipale, una stagione lirica interamente eseguita dalla compagnia del Teatro alla Scala di Milano, che, dal 14 al 18 maggio 1942, mise in scena la Bohème di Giacomo Puccini e la Traviata di Giuseppe Verdi. Il 15 ottobre 1942 il commissario civile Frediani inviò alla CIAF un progetto per la sistemazione del campo sportivo di Mentone, suddiviso in tre sezioni distinte: GIL, OND e Circolo Tennistico. La GIL avrebbe avuto a disposizione un campo di atletica e uno di pallacanestro; il Dopolavoro sei campi da bocce, uno da pallacanestro e uno da tennis. Infine il circolo tennistico sarebbe stato dotato di quattro campi da tennis. I progetti non sarebbero stati tuttavia realizzati, in quanto, quando furono presentati alla CIAF, erano di fatto già sorpassati. Intanto la caduta di Stalingrado, le sconfitte giapponesi nel Pacifico e quella italo-tedesca in Africa settentrionale, avevano cambiato le sorti del conflitto a favore degli Alleati, rendendo sempre più lontane le ipotesi di possibili mediazioni tra italiani e francesi. Lo Stato maggiore italiano si rese allora conto come non fosse ormai più rinviabile un avanzamento delle nostre truppe verso Nizza e la valle del Rodano, anche per controbilanciare la presenza della Wehrmacht nella Francia meridionale. In questo quadro divenne inevitabile la perdita di importanza, sia come modello di occupazione, sia come luogo di mediazione politica, da parte di Mentone, che l’11 novembre 1942 veniva attraversata dai soldati della IV Armata italiana diretti a Nizza e Tolone per rispondere allo sbarco anglo-americano in Nord Africa.

Il 24 novembre il comandante della IV Armata, generale Vercellino, avrebbe lasciato Nizza e fissato il suo Quartier generale presso l’hotel Riviera Palace di Mentone. Frediani, accusato ufficialmente di peculato (per cui sarebbe stato addirittura arrestato nel gennaio 1943), ma in realtà malvisto per la linea politica da lui adottata durante la sua gestione commissariale, venne destituito dall’incarico e sostituito il 30 novembre 1942 dal console generale presso il ministero degli Esteri Gino Berri. Quest’ultimo sarebbe rimasto poi in carica fino all’agosto 1943, quando fu rimpiazzato per qualche settimana dal commissario civile di Fontan Alberto Castaldi. Il nuovo commissario, pur continuando nelle richieste già inoltrate dal suo predecessore, si trovò ad operare in una situazione che lasciava ben pochi margini di manovra. Ancora nel gennaio 1943, Berri faceva presente alla CIAF la necessità di una direzione unitaria dei vari organi civili, che sarebbero tuttavia rimasti alle dipendenze degli uffici direttivi liguri. La linea politica tendente a favorire il rientro dei mentonaschi non avrebbe dato però alcun frutto dopo che si era stabilito a Mentone il comando della IV Armata. La stessa concessione dei lasciapassare fu drasticamente ridotta dai vertici militari italiani, che non chiesero più neanche il parere del commissario civile in merito al transito fra Mentone e la Francia, dato che la zona ad ovest della “città dei limoni” veniva ormai considerata di fatto un territorio soggetto alla giurisdizione militare. A Mentone si installavano intanto i comandi della 201ª divisione costiera e del 1° settore della Guardia alla Frontiera, oltre a un comando marittimo e a una missione di collegamento della XIX Armata tedesca, agli ordini del colonnello Heggenreiner. Frattanto si registrava un ammorbidimento del regime di occupazione: in dicembre fu consentito ai bambini di recarsi a scuola in Francia attraversando la linea di demarcazione; dal gennaio 1943 si poté ottenere i lasciapassare con maggiore elasticità; nel dicembre 1942 si verificò una ripresa nello sfruttamento delle rete elettrica da parte della Société énergie industrielle, seguita, nel luglio dell’anno successivo, da un aumento nell’erogazione dell’acqua da parte della Compagnie générale des eaux. Nell’aprile 1943 le funzioni svolte fino allora dal commissario civile sarebbero state infine assunte direttamente dal generale Vercellino.

Nel corso del’occupazione militare della città da parte della IV Armata si intensificarono anche gli arresti di numerosi antifascisti da parte dell’OVRA, che spesso li sottoponeva ad estenuanti interrogatori a Villa Sainte-Agnès prima di deferirli al Tribunale militare di guerra di Breil-sur-Roya, o internarli presso il campo di Sospel e nelle carceri fasciste della Liguria. Per rafforzare la difesa del litorale, soprattutto contro gli attacchi aerei, le autorità militari italiane decisero inoltre di istituire il coprifuoco a partire dal 28 aprile 1943. Intanto la situazione economica della città non sembrava dare significativi cenni di ripresa. Nell’estate del ’42 l’attività turistica aveva registrato un certo miglioramento, dovuto prevalentemente a un lieve incremento degli arrivi, soprattutto dall’Italia. I turisti avevano tra l’altro incoraggiato l’apertura di nuovi alberghi e ristoranti, fornendo risorse vitali al settore turistico mentonasco, che sarebbe stato tuttavia penalizzato dall’arrivo in città della IV Armata. Infatti, tra l’autunno ‘42 e l’inverno ‘43, l’autorità militare, con la sua decisone di ridurre in modo consistente il numero dei visti per l’ingresso nei territori occupati, la proibizione di qualsiasi manifestazione pubblica, oltre alla stessa presenza in città dei militari, aveva dato il colpo di grazia definitivo alle speranze in un rilancio del comparto economico di Mentone. La caduta e l’arresto di Mussolini, il 25 luglio 1943, furono visti di buon grado dai soldati italiani e dai francesi, mentre fascisti e tedeschi accolsero la notizia piuttosto freddamente. Per discutere il quadro della situazione e le possibili iniziative da assumere nel mutato contesto politico e militare generale, il 28 luglio giunse a Mentone il feldmaresciallo Rundstedt, che ebbe un colloquio con il generale Vercellino, in un clima caratterizzato peraltro da una reciproca sfiducia. Il giorno dopo Vercellino si sarebbe incontrato con il generale delle SS Oberg. Il 1° agosto il comandante della IV Armata avrebbe rifiutato di autorizzare il transito verso l’Italia a tre divisioni tedesche, ma il giorno successivo sarebbe stato costretto a lasciar passare l’XXXVII Corpo d’armata, di fronte a una nuova richiesta avanzata dal comandante del Settore mediterraneo, generale Falber. All’inizio di agosto cominciò intanto il graduale ritiro delle truppe italiane dal dipartimento delle Alpi Marittime: i primi a lasciare il Nizzardo furono i reparti della divisione Legnano, di stanza a Cannes e Antibes, seguiti da quelli della 2ª divisione Emanuele Filiberto Testa di Ferro e dai bersaglieri motorizzati del 18ª Reggimento. Ai primi di settembre fu la volta degli alpini del 7° reggimento della divisione Pusteria e dalle truppe della divisione Lupi di Toscana. Il Quartier generale della IV Armata aveva invece lasciato Mentone per Sospel e Saint-Jean-Cap-Ferrat già alla fine di agosto.

 

La sera dell’8 settembre il maresciallo Badoglio annunciò alla radio la stipulazione dell’armistizio con gli Alleati, che avrebbe lasciato le nostre forze armate nel caos, mentre l’esercito tedesco si accingeva a entrare in Italia per occupare le regioni centro-settentrionali del paese. La notizia della stipulazione dell’armistizio fu accolta con gioia dagli ultimi soldati italiani che si stavano ritirando dalla Francia del Sud, e dalla maggior parte dei mentonaschi, mentre sia i più noti fascisti che le autorità di occupazione venivano colti di sorpresa. La tarda sera dell’8 settembre, lasciata Beaulieu verso le 20, le truppe della IV Armata giunsero alle porte di Mentone con un forziere contenente 42 milioni di lire e 205 milioni di franchi. Per tutta la notte e la giornata successiva migliaia di soldati e centinaia di veicoli attraversarono la “città dei limoni” in direzione di Ventimiglia, causando giganteschi imbottigliamenti, ulteriormente aggravati dal ritardo determinato dal fatto che molti militari cercavano di disfarsi sbrigativamente dei loro bagagli. All’inizio del pomeriggio del 9 settembre giunsero alla frontiera del Ponte dell’Unione i primi reparti motorizzati della 60ª divisione di fanteria Panzergrenadier, che spinsero i funzionari del commissariato civile presenti al confine al momento dell’arrivo dei tedeschi, a sbarazzarsi in fretta e furia dei documenti più importanti in loro possesso, prima di darsi precipitosamente alla fuga. Alcuni soldati italiani svuotavano intanto delle casse di sigarette ACI e Milit, consumando anche una partita di vino offerta dalla sede del PNF ai combattenti. Qualcuno cominciò pure a saccheggiare alcuni grandi magazzini. Verso le 17 veniva infine issato, dopo tre anni di assenza forzata, il tricolore francese sul pennone del Municipio di Mentone. Alle 18 i soldati della Wehrmacht, dopo essersi aperti faticosamente un varco nel centro cittadino ingombrato di veicoli abbandonati, raggiunsero Ponte San Luigi, da dove assistettero alla distruzione della strada della Mortola, in territorio italiano, messa in atto dai genieri degli alpini. 

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