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| 20 novembre 2010, 07:20

'Idoli', Gian Carlo Caselli e Michele Ainis ospiti della rassegna 'Scrittorincittà' di Cuneo

Michele Ainis

Michele Ainis

Qui a Cuneo Scrittorincittà di quest’anno è intitolato Idoli. Come la Costituzione, per esempio. La Costituzione sembra diventata l’ultima isola di salvataggio in un mondo politico che ormai ha perduto la bussola.

Se ne sono occupati Gian Carlo Caselli, e Michele Ainis. Gli approcci sono diversi ma appaiono tutti e due come una cura. Così si chiama l’ultimo libro del costituzionalista messinese, La cura (Chiarelettere), un affascinante saggio politico che promette una specie di soluzione al disastro sociale in cui ormai viviamo. Ainis sostiene che la nostra società sia preda di troppi ismi: nepotismo, per esempio. Per curarlo c’è un metodo.

Se si è figli di notaio ed in quanto tali si eredita il titolo con un minimo di sei punti, nel senso che i figli dei professionisti si trovano più pronta la pappa, bisognerà proprio per loro aumentare il punteggio d’ingresso almeno a sette punti. Una specie di pena d’accesso che cura l’essere figli di.

Ainis dice scherzando che volevano querelarlo per tale motivo. In effetti un invenzione simile porterebbe ad una dissacrazione della filosofia nepotistica italiana, quella per cui sulla bandiera di ciascuna famiglia sta scritto appunto che la si tiene, e basta. Flaiano, in questo, era un profeta senza il minimo dubbio. La causa di una cura così acuminata è evidente. Tutti noi siamo stufi di vivere dentro le maglie di una società dove i meriti vengono sacrificati sull’altare dell’essere figlio di qualcuno o parente di altri.

La meritocrazia in Italia è carne da macello ed una cura potrebbe essere ricercata dentro gli spiragli della Costituzione. Un  documento ancora moderno, dal contenuto programmatico. Una Costituzione vista come uno strumento flessibile, molto agile, capace di assicurare procedure veloci e risultati concreti. Se si pensa all’art. 3, quello su cui si fonda il principio di uguaglianza, senza pregiudizi di qualunque natura, neanche sessuale, ci rendiamo conto come un aumento del suo rispetto possa davvero aiutare certi meccanismi di rivincita sociale.

Gian Carlo Caselli (Di sana e robusta Costituzione, con Oscar Luigi Scalfaro, Add 2010) ha fatto un discorso da magistrato, geloso delle prerogative della magistratura. Ha ricordato come mediante certe piccole norme, minime, si può riuscire ad incidere su realtà economiche gigantesche, come la Montedison, per esempio. Quella però non è soltanto la forza affidata all’indipendenza della magistratura, ma anche alla certezza delle leggi. Solo che – ed in questo ha ragione Caselli – la certezza delle leggi viene assicurata da una magistratura libera di usare le norme costituzionali secondo la costituzione, appunto.

Riportare la Costituzione fuori dal frigo – oggi – è diventato vitale. Se si pensa che il 14 dicembre la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi nuovamente sul legittimo impedimento si comprende quanto sia ridiventato importante consegnare una diversa vitalità a quella carta.

La costituzione è un idolo? O è soltanto un documento programmatico, nel senso che enuncia certi programmi da mettere in pratica con l’interposizione del legislatore? E’ necessaria un’altra legge – sempre – per dare vita, gambe e corpo alla Costituzione come dice Ainis?

Bisogna confessare una verità. Siamo tutti convinti che il figlio del notaio dovrebbe davvero sudare più degli altri per sedersi sulla stessa sedia del padre. Solo che una terra del genere è costituzionale in pieno perché basata su criteri determinati di uguaglianza. Ma si chiama utopia. Ainis è un costituzionalista affascinante e le sue tesi sono affilate come rasoi. Berlusconi ed i figli dei professionisti sono avvertiti.

Alberto Pezzini

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